La stanza di Noredine è l’ultima. Il neon illumina ad intermittenza un gruppo di persone accalcate intorno alla sua porta. Continuano a parlargli al citofono, mentre lui continua a ripetere il nome di un cugino. “Lo vedo meglio” si sente dire, spesso. Qua, di mattina come di sera, tantissimi connazionali di Noredine Adnane, ma non solo, vengono a fargli visita. “Ieri c’era ancora più gente” avverte qualcuno.
Il fratello, il padre, i cugini sono tutti là davanti, mentre altri sostano, chi nel corridoio, chi in sala d’attesa. Un uomo attraversa la corsia. Sembra muoversi a fatica, quasi per inerzia, su dei piedi che si intravedono appena dal fondo della djellaba marrone, tradizionale tunica araba. Una persona accanto a lui lo sostiene. “E’ ancora sotto shock” dirà più tardi di lui Khalid, cugino del giovane marocchino, “suo padre sta solo pregando”.
Al di là del mare invece, la famiglia, tra cui la madre, una moglie ventenne e una figlia di due anni. Non riescono a credere che stia ancora lottando: “Chiedono: ‘dimmi la verità, adesso sono solo’. Sanno tutto, ma la moglie e soprattutto la madre non riescono a credere che sia ancora vivo. Lei sta impazzendo. Credo che le verrebbe un infarto se lo vedesse così”. Sono gonfi gli occhi di Khalid, mentre fuma una sigaretta fuori dal tepore dell’edificio. Lui da quel gruppo di persone in fondo al corridoio si è allontanato più volte, anche sfogando il suo pugno contro il muro, per poi tornare di nuovo là davanti. E come lui altre persone, che continuano a stare vicino a Noredine Adnane, venditore ambulante che a ventotto anni si è dato fuoco, “per disperazione”. “Per disperazione: ha una bimba che lo aspetta, la moglie che lo aspetta” prova a spiegare Khalid, riportando anche le sue preoccupazioni degli ultimi giorni: “Non so che problemi abbiano: viene sempre la stessa pattuglia, alla stessa ora. Io non gli ho fatto niente”.
Racconta anche che quel giorno aveva appena avuto il tempo di montare il tavolo, cominciare a posizionare la merce. “E’ riuscito a portarne via la maggior parte. Poi ha comprato della benzina”. Continuano a ripetere che nessuno si aspettava quel gesto, da un ragazzo “tranquillo e responsabile, con una famiglia sulle spalle”, come lo hanno definito. “Novità positive, non ce ne sono” spiega però Salvatore Fortezza, chirurgo plastico dell’opedale Civico di Palermo. “Sono sorte complicazioni respiratorie – precisa il medico. Ha inalato aria calda che ha provocato lesioni interne”.
Sono condizioni gravissime, le sue: “E’ pressochè carbonizzato. Ma se mi chiede se ci sono casi di persone con ustioni all’85% che si sono salvate, la risposta è sì” conclude il chirurgo, che non può comunque dire ancora se Noredine sia uno di questi. Khalid e un gruppo di persone ha voluto chiedere al medico un documento che attesti le condizioni del giovane alla prefettura, per far sì che almeno la moglie e la figlia possano arrivare in Italia e rivederlo. “Subito”.