Il Natale di Schifani: "Sicilia, Miccichè, Sanità... Vi dico tutto"

Il Natale di Schifani: “Sicilia, Miccichè, Sanità… Vi dico tutto”

Intervista al presidente della Regione. La politica, gli scontri, il privato. E la rottura definitiva.
INTERVISTA AL PRESIDENTE DELLA REGIONE
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6 min di lettura

“Io non sono venuto per riposare, voglio cambiare in meglio la mia terra, sono qui per questo. Sono pronto a svolgere il mio compito fino in fondo”.

Palermo. Sala interna di un hotel del centro. Un tavolo, due caffè. Il presidente della Regione, Renato Schifani, sorseggia il suo espresso e chiacchiera con LiveSicilia.it di tutto. Di governo, ovviamente, dei suoi rapporti notoriamente burrascosi con Gianfranco Miccichè, di prospettive, di lavoratori Covid, di ricordi e di esperienze personali. Non manca niente nella trama di una lunga intervista sotto l’albero.

Presidente, cominciamo dalle feste: con chi passerà il Natale?
“In famiglia, a Palermo, con mia moglie e con i miei figli. Siamo persone semplici e vengo da una famiglia semplice, attaccata ai valori. Papà e mamma erano persone, anche loro, semplici, con un’etica adamantina”.

Come nasce la sua candidatura? Com’è che lei diventa l’inquilino di Palazzo d’Orleans?
“Il 12 agosto scorso ero a Mondello, con i miei familiari, in una casa che affittiamo d’estate. Ho letto un’agenzia e ho appreso che Ignazio La Russa, nella rosa di nomi proposta da Berlusconi, aveva indicato il mio. Sono caduto dalle nuvole”.

Perché?
“Ma perché un candidato che si dava per assodato c’era già: Stefania Prestigiacomo. E le avevo comunicato il mio pieno appoggio”.

Insomma, legge l’agenzia. E che succede?
“Mi sono preoccupato. Ricorderà che il quadro politico del centrodestra era frastagliato, avvelenato. Ho chiamato subito il mio coordinatore regionale”.

Miccichè?
“Lui”.

La sua reazione?
“Era molto stupito, cadeva pure lui dalle nuvole”.

Era arrabbiato, presidente?
“Era stupito”.

Andiamo avanti.
“L’indomani mi ha telefonato Berlusconi, mi ha detto: ‘Renato, scendi in campo come sai tu e vinci’. Poi sono arrivate le telefonate di Giorgia Meloni e Matteo Salvini e Cuffaro, Lombardo, Romano. Così mi sono ritrovato candidato unitario del centrodestra. Una chiamata a cui non potevo non rispondere presente”.

E si parte.
“La campagna elettorale è stata durissima. In dieci giorni ho organizzato lo staff. Ma io sono abituato a combattere le mie battaglie. Per fortuna ho una discreta esperienza e mi piace l’adrenalina che scorre. Avverto fiducia intorno a me e questo mi carica di responsabilità”.

Alcuni avranno pensato: è stato presidente del Senato, opererà con la mano sinistra…
“Chi lo pensava ha sbagliato. La determinazione con cui ho esordito, per esempio sulla vicenda del caro voli, è significativa, visto, oltretutto, che l’Antitrust ha aperto un’istruttoria. Come è importantissimo il risultato del ‘Salva Sicilia’. Non sono qui per riposare, ripeto, o per farmi tirare la giacchetta. E’ vero: ho ricoperto la seconda carica dello Stato, ma è, casomai, un vantaggio. Ho già raggiunto il massimo, non sono condizionabile da sentimenti di interesse legittimo. E’ una forza che voglio spendere per i siciliani”.

Sul ‘Salva Sicilia’ si muove una critica: in cambio di qualche milione, avremmo rinunciato a miliardi.
“Sciocchezze. Quei miliardi non sono scritti da nessuna parte, perché il credito non viene riconosciuto. Sul punto, abbiamo avuto sentenze negative della Corte Costituzionale”.

Amarcord. Lei fu eletto presidente del Senato, dopo l’indicazione di Berlusconi in persona e l’impegno strenuo del leader di Forza Italia.
“Che mi prese di sorpresa perché non me l’aspettavo. Ma sa cosa ricorderò per sempre?”.

Che cosa?
“La telefonata affettuosissima del presidente Francesco Cossiga che mi incoraggiò: ‘Schifani, vengo a votarti perché sei un galantuomo’. Infatti si presentò a Palazzo Madama, da senatore a vita, nonostante le sue pessime condizioni di salute. Mi commuovo, quando ci penso”.

Si vede, presidente. Da dove si comincia per cambiare la Sicilia?
“Una migliore Sanità, privatizzazioni degli aeroporti, termovalorizzatori, riforma della Commissione tecnica specialistica per le autorizzazioni ambientali”.

Il tema più difficile?
“Gli aeroporti, ho trovato una totale contrapposizione ideologica. I primi due anni saranno determinanti per le riforme strutturali che attireranno investimenti, con la semplificazione della burocrazia”.

Ma lei è continuo o discontinuo?
“Ho un ottimo rapporto con l’ex governatore e ministro Nello Musumeci. Voglio imprimere una svolta e le prime mosse sono quelle che le ho indicato. Sui termovalorizzatori sono pronto a chiedere di essere nominato commissario straordinario. E’ giunto il momento di assumersi le responsabilità necessarie”.

Perché tra lei e Miccichè proprio non va?
“Perché non ero io il suo candidato. Posso raccontarle un episodio?”.

Prego.
“Il sei novembre io e Gianfranco ci siamo incontrati a casa mia. Un caffè, una bella chiacchierata, garbata e cordiale. E siamo riusciti a trovare una sintesi. Lui avrebbe scelto il Senato, mantenendo il rapporto con la Sicilia con una presenza politica qualificata. Stretta di mano. Lui contento, Berlusconi pure, io contentissimo perché abbiamo sempre intrattenuto un rapporto umano. E poi…”.

E poi?
“Trentasei ore dopo, ecco le parole di Miccichè su un quotidiano: ‘con Schifani nessuna intesa possibile’. Ho preso atto. Del resto, gli ultimi sviluppi confermano un dato: Forza Italia non si riconosce più in Gianfranco Miccichè”.

Perché è accaduto?
“Non lo so. So solo che i litigi ci rendo meno attrattivi. Prima o poi questa cosa dovrà essere sistemata. Andare a Roma era stata una sua scelta. Io non ho chiesto alcun paracadute, nel candidarmi. Sposo in pieno la mia Sicilia”.

E c’è la vicenda del processo sul cosiddetto ‘Sistema Montante’ in cui lei, presidente, è imputato….
“…Con tanti altri. Sono sereno, lo sono sempre stato, altrimenti non mi sarei mai candidato. Tanto sono tranquillo che avevo chiesto, tre anni fa, il giudizio immediato, quando la candidatura non era nemmeno un’ipotesi. Tutto è stato accorpato per esigenze processuali che non ho mai criticato. Sono stato operato al cuore, nel settembre dello scorso anno, un intervento massiccio e impegnativo. Ma non ho mai invocato alcuna dilazione”.

Il presidente della Commissione Antimafia, Antonello Cracolici, però, pensa che quel processo sia una spada di Damocle per la Regione.
“Sono sereno, ripeto. Cracolici si sbaglia. Prima, in campagna elettorale, ha paragonato la mia posizione a quella di Totò Cuffaro, dimenticando che non ho contestazioni per fatti di mafia. Si è ripetuto da presidente dell’Antimafia e il centrodestra ha disertato la Commissione. Un evento delegittimante per chi ricopre un incarico delicatissimo, che richiede terzietà”.

Eccoci alla Sanità. Ci sono tante cose da sistemare e c’è, apertissima, la questione dei lavoratori dell’emergenza Covid.
“La proroga per il personale sanitario è certa. Sugli amministrativi decideremo definitivamente con la giunta del prossimo 29 dicembre. Io e l’assessore Volo siamo convinti che siano utili, se si vuole puntare, come vogliamo, alla medicina del territorio. Non si può disperdere un patrimonio di professionalità, Questo è un modo per cominciare, anche lì, a risolvere i problemi”.

Cosa pensa di chi ha prestato servizio nella trincea della pandemia?
“Sono fiero e orgoglioso di questi eroi che non si sono sottratti al dovere, rischiando in prima persona. So di cosa parlo. La mia famiglia è stata colpita dal lutto. Mio cognato, il marito di mia sorella, è morto in quei giorni tremendi, quando non c’era il vaccino”.

In conclusione, presidente Schifani?
“Sono determinatissimo a cambiare certe dinamiche malate che uccidono la mia terra. Certa politica, di destra, di sinistra e di centro, ha condizionato tutto in peggio, guardando all’appartenenza, non alla meritocrazia”.

Lei crede nella meritocrazia?
“Sono stato pagella d’oro, al liceo ‘Cannizzaro’. Mi sono laureato in fretta. Sono entrato in banca, ma volevo fare l’avvocato. Ho studiato, lavorato e ci sono riuscito. Sono anche io una persona semplice, con dei valori, come mio padre e mia madre. Per risponderle: sì, io credo nella meritocrazia”. (Roberto Puglisi)


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