Sicilia sull'orlo del baratro | Agen: "Già perse 6 mila imprese" - Live Sicilia

Sicilia sull’orlo del baratro | Agen: “Già perse 6 mila imprese”

Rendere i centri storici attrattivi, razionalizzare i centri commerciali, migliorare i trasporti e puntare sulla green economy. Ecco la ricetta di Confcommercio Sicilia.

I NUMERI DELLA CRISI
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PALERMO – Una riduzione del Pil siciliano dell’1,4% nel 2012, inferiore alla media nazionale che si è attestata intorno al 2,5%, ma solo perchè si partiva da una condizione di maggiore crisi rispetto alle altre regioni. E una perdita netta tra gennaio e settembre 2012 di quasi 6 mila imprese: 743 attività manifatturiere, 689 aziende edili, 2726 attività commerciali, 579 strutture ricettive e 1071 aziende che operavano nei settori di trasporto, informazione e comunicazione, finanza, mercato immobiliare, turismo, sanità, cultura, sport. Sono queste le cifre drammatiche contenute nella relazione sull’andamento dell’economia siciliana presentata oggi dal presidente della Confcommercio Sicilia, Pietro Agen. “Se l’Italia è in crisi, noi siamo sul fondo del baratro. Il 2012 è stato l’annus horribilis per l’economia dell’isola”, dice il presidente. Basti pensare che il calo del Pil negli ultimi 12 mesi è appena migliore di quello dell’intero quadriennio 2008-2011, pari all’1,9%.

Le cifre della media italiana sono del tutto in controtendenza rispetto a questi dati: nel 2012 il Pil nazionale è precipitato del 2,5%, ma nel periodo 2008-2011 il calo era stato dell’1,5%. Per non parlare dei consumi, crollati del 3,8%. “Per la prima volta la Sicilia, e in generale il Meridione – continua Agen – sono cresciuti meno della media nazionale. Due le ragioni principali: la diminuzione del tasso di natalità e dei flussi di immigrazione, il che significa perdita di forza lavoro, e lo sconvolgente dato sui consumi. Ormai più di un decimo dei siciliani ha varcato la soglia di povertà e la capacità di consumo di una famiglia isolana è di un terzo inferiore alla media italiana e del 50% in meno rispetto al Nord”. Il comparto più in difficoltà è quello agricolo che in Sicilia dà lavoro all’8% degli occupati: in Lombardia la percentuale è dell’1% ma basta per produrre più dell’isola. Per Agen le ragioni sono da individuare soprattutto “nelle troppe tasse, nella troppa burocrazia, nei troppi sprechi. Basta con le spese pazze della politica. Bisogna tagliare le spese correnti e trasferirle in investimenti, perchè le spese correnti non creano sviluppo e permettono solo ad alcune persone di ‘sopravvivere’. Abbiamo il più alto numero di dirigenti pubblici e il più alto numero di dipendenti pubblici, per i quali potrebbe andar bene anche il contratto di solidarietà, come si usa nel privato. Per fare una metropolitana ci vogliono 30 anni, in Germania 3. E le imprese sono sommerse da carte e protocolli”.

I toni si accendono quando si tocca il tasto della politica: “Non diamo responsabilità della situazione all’attuale governo regionale, che si è appena insediato – sottolinea Agen –. Abbiamo anzi riscontrato una certa disponibilità da parte del presidente Crocetta e dell’assessore Vancheri. Ma ce la prendiamo sicuramente con le amministrazioni precedenti. Faccio degli esempi: il decreto sui Confidi ci costringe di fatto a rinunciare agli abbattimenti sui finanziamenti, perchè paghiamo più di quanto riceviamo. Non è mai stata tagliata l’Irap che è la più costosa d’Italia e una burocrazia lentissima che, nei casi delle opere pubbliche, decuplica i tempi dei cantieri”.

Due i settori sui quali si incentra l’idea della Confcommercio per lo sviluppo economico sono la gestione efficace dei beni culturali e il turismo, che Crocetta ha deciso di affidare ai due assessori ‘creativi’ Antonino Zichichi e Franco Battiato: “Prioritario per noi è innanzitutto parlare con la Presidenza per capire qual è il programma a 360 gradi. Turismo e Beni Culturali sono comparti importanti ma non sono gli unici. Prima vogliamo vedere quali sono progetti della Regione. Ho stima di Battiato come uomo e artista”. Su Zichichi invece arrivano le bordate del presidente della Confcommercio: “Le sue dichiarazioni sui progetti per la Sicilia bisogna prima capirle. Mi sono messo a studiare i filosofi… Al di là del folklore, il turismo è una cosa seria e va affidato ai professionisti. La promozione della cultura siciliana va fatta con criteri di scientificità. Difficile pensare di rilanciare il turismo intitolando ad Archimede le nostre piazze. Non credo a ricette di questo tipo”.

Per Agen “bisogna ripartire dalla crescita di attravità turistica, dalla riqualificazione dei centri storici, da una razionalizzazione dei centri commerciali, dal miglioramento dei trasporti, dalla green economy. Investire sull’edilizia dei centri storici consentirebbe di rilanciare il comparto edile e di rendere le nostre città più accattivanti per turisti e visitatori. Occorre un piano di messa in sicurezza degli edifici, soprattutto in chiave antisismica. I fondi europei, poi, non vanno più utilizzati per finanziare corsi di fantasma, sagre di paese e concerti dei Pooh. E poi basta con la leggenda bugiarda che la grande distribuzione crei posti di lavoro: per due dipendenti assunti in un centro commeciale, e tra l’altro in modo precario, ne vengono licenziati tre nei piccoli e medi negozi. Non tutti, ma la gran parte dei centri commerciali nascono per pura speculazione, perchè danno visibilità alle multinazionali. Ma ormai neanche questo conviene più, soprattutto al Sud. Noi chiediamo che venga fatta una legge per un blocco temporaneo delle autorizzazioni per la realizzazione dei centri commerciali in territorio extraurbano. Va messo un freno alle varianti al piano regolatore, magari approvate nella notte in consiglio comunale, per riempire le periferie di ipermercati. Con un regolamento del genere nessuno dei centri commerciali siciliani sarebbe regolare. Ma così non va: prima vanno realizzate le infrastrutture, le strade, i parcheggi. I centri commerciali si possono fare anche in centro, non per forza in periferia. Così sono una ricetta fallimentare, e infatti anche loro sono in crisi. Il siciliano preferisce il negozio sotto casa o il mercato, che tra l’altro consentono di risparmiare benzina. La grande spesa non se la può permettere più nessuno”.


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