Sicilia-Usa andata e ritorno, le migrazioni e l'Isola che non è solo terra di partenze

Sicilia-Usa andata e ritorno, le migrazioni e l’Isola che non è più solo terra di partenze

Le dinamiche migratorie toccano in maniera profonda anche l’aspetto umano e sociale

Un momento carico di emozione e significato ha segnato, alcuni giorni fa, l’arrivo all’aeroporto di Palermo del volo inaugurale proveniente da Newark. Un Boeing 767 della United Airlines collega, per la prima volta, lo scalo del New Jersey alla Sicilia. All’interno della cabina di comando, tre piloti: Romeo Russo, Rosario Raffa e Pietro Rizzuto. Nomi e cognomi familiari. Sono figli e nipoti di emigrati siciliani. Lo stesso Rizzuto è cresciuto in Sicilia, a Melilli precisamente, fino ai sette anni, per poi emigrare negli Stati Uniti.

Oltre ai giornalisti ed ai rappresentanti istituzionali, all’atterraggio erano presenti anche alcuni parenti dei piloti, ritornati per l’occasione in Sicilia. Nelle interviste rilasciate dai tre comandanti al loro arrivo, con il tipico accento siculo-americano, traspare la commozione di tornare nella terra da dove partirono, alla ricerca di fortuna, i loro antenati: “un sogno realizzato”. “Atterrare qui è stato incredibile. Mio padre pescava in queste acque con mio nonno ed io ora ho portato un aereo proprio qui”, dichiara Romeo Russo visibilmente emozionato. Questo nuovo collegamento diretto tra la Sicilia e gli Stati Uniti rappresenta non solo un’opportunità economica ma, anche, un ponte simbolico tra le radici ed il futuro di molti siciliani nel mondo.

Perché le radici, in fondo, restano; non sono catene, ma ali: sorreggono quando si spicca il volo e guidano quando si atterra, quando si torna. Le dinamiche migratorie toccano in maniera profonda anche l’aspetto umano e sociale.

Il viaggio di questi affermati professionisti che tornano dove tutto è cominciato, parla a tanti: a chi è partito ma anche a chi resta. Racconta che si può essere cittadini del mondo ed, al contempo, figli di un Paese; che la vera riuscita è anche nella capacità di rimanere profondamente legati ai propri valori ed alla comunità di origine; che un allontanamento non necessariamente spezza e cancella ma può anche arricchire e rafforzare.

Nel ritorno di questi tre piloti c’è il senso di una storia italiana lunga più di un secolo. Una storia fatta di partenze e ritorni, di sacrifici e conquiste, di famiglie divise dal mare. Ma c’è, soprattutto, il senso profondo del valore dell’emigrazione: la possibilità di partire, realizzarsi nel mondo e poi ritornare per restituire, per abbracciare, per riconciliarsi. Questi piloti sono i discendenti di famiglie che hanno conosciuto la doppia appartenenza, divise tra la terra d’origine ed un paese, quello di adozione, che con tutte le sue contraddizioni, le ha comunque accolte e ha consentito ai loro figli e nipoti di diventare medici, uomini d’affari o comandanti.

Oggi, però, la Sicilia non è più solo terra di partenze. È meta di tedeschi, inglesi, americani e tanti altri che scelgono di acquistare le case nei nostri splendidi borghi dove è possibile riconciliarsi con la natura e con sé stessi, godendo dell’accoglienza e di una ineguagliabile dimensione umana, assecondata dal piacere delle piccole cose e dallo scorrere lento del tempo. Ma sulla nostra isola approda anche chi fugge da carestie, povertà, dai venti gelidi delle guerre, chi cerca la dignità di un lavoro, chi non ha nulla. Leonardo Sciascia, ne “Il mare colore del vino”, scriveva che “l’importante era davvero sbarcare in America: come e quando non aveva poi importanza”.

Quel desiderio antico, che spingeva i siciliani a sfidare l’ignoto con resilienza e capacità di adattamento, vive oggi nei tanti, troppi, disperati che giungono sulle nostre coste. Spesso, chi sbarca è visto con sospetto. Eppure ci si dimentica che, non troppo tempo fa, eravamo noi a sbarcare ad Ellis Island animati dal sogno di migliore fortuna al di là dell’oceano. Oggi, quel viaggio si ripete. E noi siamo sulla sponda opposta. Siamo quelli che devono accogliere.

Viviamo nell’epoca della connessione globale: ogni guerra, ogni crisi, è a portata di schermo. Eppure, come il mendicante di Albert Camus che nessun passante nota, proseguiamo avanti senza guardare.

“Se segui tua stella, non puoi fallire a glorioso porto”, decantava il sommo poeta. Seguire la propria stella in cerca di futuro è un atto di coraggio e di dignità. Non sempre, però, il porto è glorioso; spesso è freddo ed ostile. Ogni terra che accoglie ha il dovere di aprire quel porto. Accogliere oggi è, in fondo, anche un atto di memoria; è riconoscere in chi arriva ciò che siamo stati. La Sicilia che ha conosciuto l’abbandono ora ha la possibilità di essere rifugio di coloro che sono mossi dallo stesso sogno che guidò i nostri nonni: cercare fortuna al di là del mare.

Se diamo loro una possibilità, tra quei volti ci saranno medici, artigiani, artisti. E forse anche piloti che, un giorno, voleranno sull’Africa, come in un cerchio che si chiude.

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