Vaccini Covid, fra obbligo e rischi: i dubbi sollevati dai giudici

Vaccini Covid, fra obbligo e rischi: i dubbi sollevati dai giudici

Ricorso di uno studente che "teme di morire". Il Consiglio di giustizia amministrativa della Sicilia chiede chiarezza

PALERMO – L’obbligo vaccinale contro il Covid è anticostituzionale? Si conoscono tutti gli effetti avversi del vaccino? I cittadini sono adeguatamente informati?

Il Consiglio di giustizia amministrativa della Sicilia chiede chiarezza su questione delicatissime che stanno lacerando il dibattito pubblico. Per avere le risposte necessarie il Cga si è rivolto ad una commissione di esperti. Ad offrire lo spunto è il ricorso di un iscritto al terzo anno del corso di Laurea in Infermieristica.

Lo scorso aprile l’Università degli Studi di Palermo ha emanato una circolare sulla base delle scelte del governo nazionale: si può partecipare ai tirocini di area medico-sanitaria solo se si è vaccinati. Uno studente ha chiesto al Tar, senza ottenerla, la sospensiva cautelare del provvedimento. Da qui il nuovo ricorso in appello presentato dagli avvocati Vincenzo Sparti e Roberto De Petro.

“Finalmente qualcuno si pone dubbi che finora solo a pochi sono sembrati legittimi”, dice l’avvocato Sparti che è anche consigliere dell’Ordine degli avvocati di Palermo.

Il tirocinante sostiene nel ricorso di non potersi vaccinare sia per la natura sperimentale del vaccino, sia perché in passato ha contratto il virus ed è guarito. Aggiunge poi che con il vaccino “rischierebbe di morire”, facendo riferimento alla tragica sorte toccata al militare Stefano Paternò. Richiama, infatti, gli esiti dell’inchiesta penale. I periti nominati dalla Procura di Siracusa, che indaga sulla morte del 43enne sottufficiale della Marina, hanno stabilito che esiste “una correlazione eziologica tra il decesso e la somministrazione del vaccino anti Covid AstraZeneca”.

Il Tar non ha accolto la richiesta di sospensiva cautelare avanzata dai legali dello studente, sostenendo che “allo stato dei fatti appare prevalente l’interesse pubblico di evitare di fare frequentare le strutture sanitarie da soggetti non vaccinati esponendo a rischio di contagio operatori e pazienti”.

Un trattamento sanitario, qual è il vaccino anti Covid, può essere imposto per legge. L’imposizione non viola l’articolo 32 della Costituzione. A determinate condizioni, però. Il trattamento sanitario deve servire a preservare o migliorare la salute di chi si vaccina, ma anche preservare lo stato di salute degli altri. Inoltre non deve incidere negativamente sul soggetto a cui viene somministrato, salvo che “per quelle sole conseguenze che appaiono normali e pertanto tollerabili”.

Ed ecco il cuore della questione sollevata dal Cga: si conoscono tutti i rischi? Chi si sottopone alla vaccinazione è stato adeguatamente informato? Il legislatore ha individuato gli accertamenti preventivi idonei per prevedere e prevenire i possibili rischi di complicanze?

La questione non è se lo Stato possa o meno imporre l’obbligo vaccinale. Il Cga ricorda, infatti, che “il Consiglio di Stato ha affermato che in fase emergenziale di fronte al bisogno pressante, drammatico, indifferibile di tutelare la salute pubblica contro il dilagare del contagio, il principio di precauzione opera in modo diverso rispetto all’ordinario perché richiede al decisore pubblico di consentire o addirittura imporre l’utilizzo di terapie che, fu pur sulla base di dati non completi, assicurino più benefici che rischi, in quanto il potenziale rischio di un evento avverso per un singolo individuo, con l’utilizzo di quel farmaco, è di gran lunga inferiore del reale nocumento per un’intera società senza l’utilizzo di quel farmaco”.

Imporre sì, ma il cittadino deve ricevere informazioni complete, corrette e facilmente accessibili. La raccolta e la valutazione dei dati deve essere fatta da organismi indipendenti perché affidarle alle case farmaceutiche che hanno prodotto il vaccino “presenta profili di evidente criticità in tema di conflitto di interessi”.

Da qui le richieste di chiarimenti avanzata dal Cga a un collegio composto dal segretario generale del ministero della Salute, dal presidente del Consiglio superiore della sanità e dal direttore della Direzione generale di prevenzione sanitaria per la “verifica della non manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell’obbligo vaccinale».

I giudici amministrativi vogliono conoscere le modalità di valutazione dei rischi e dei benefici da parte del medico vaccinatore. Se vengono consigliati test prevaccinali anche di carattere genetico. Chiedono chiarimenti sugli studi e le evidenze scientifiche sulla base dei quali viene disposta la vaccinazione a soggetti già contagiati dal virus. Quali sono le modalità e la raccolta del consenso informato.

E soprattutto il Cga chiede come avviene il monitoraggio degli effetti avversi, chi raccoglie i dati, se siano o meno i medici di base, chi li conserva e fa le statistiche. Come avviene la sorveglianza post vaccino. Quanti sono i vaccinati che sono stati ugualmente contagiati dal virus e che rapporto c’è con i non vaccinati. Stessa cosa per i ricoveri e i decessi.

Gli esperti dovranno rispondere entro il 28 febbraio. L’udienza è fissata il 16 marzo. Poi il Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione siciliana (presidente Rosanna De Nictolis, Maria Stella Boscarino estensore, consiglieri Antonino Caleca, Giovanni Ardizzone e Raffaele Prosperi) deciderà se sollevare la questione di costituzionalità.


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