Che ci fai lì, Simona, in foto, sopra la tua bara bianca? Dovresti essere al mare. Con i piedi nella sabbia bollente di agosto. Con un pallone scagliato nel cielo e pronto a tornare in terra, per il tocco sapiente di una mano da pallavolista, così da unire cose che insieme non sempre capiamo.
Invece sei qui, nella Chiesa Madre di Capaci. Con tante persone che sono qui con te e avrebbero voluto essere altrove, perché, se fosse accaduto, tu respireresti ancora. Ma sono tutti qui per non lasciarti andare. Lo sanno che resterai, dopo i battimani e i palloncini bianchi. Che sei andata per tornare. Che sei andata per non andare più via.
In prima fila ci sono i tuoi familiari: papà, mamma, sorella e fratello. La cronaca li vede come le persone travolte dalla tragedia di Simona Cinà, ‘morta a vent’anni nel corso di una festa di laurea’. Quante volte l’abbiamo scritto in questi giorni. Quanto, ogni volta, abbiamo maledetto la tastiera e quei titoli.
I tuoi conoscono l’esatta dimensione dello strazio che stanno vivendo e che sarà per sempre. Insieme alla speranza. Solo loro hanno il diritto alla parola definitiva che descriva il senso vero di una perdita, l’amore e la voglia di non essersi smarriti. Nonostante tutto.
Amore infinito ti hanno dato – continueranno – e tu hai ricambiato con il dono della tua splendida esistenza, così pulita, luminosa e affettuosa. E adesso siete lì e vi guardate. Tu li scruti dall’immagine sul feretro. Loro ti osservano e non ci credono del tutto. Vorrebbero risvegliarsi con uno schiocco delle dita, alzarsi e trovarti nella tua stanza.
“Si faccia chiarezza su quanto successo a Simona in quei minuti in 40 o 50 minuti – dice il parroco, don Giuseppe Salamone -. Noi viviamo questo momento d’attesa sorretti dalla nostra fede”.
“Vedete, carissimi genitori, fratello e sorella di Simona – prosegue – il vostro è un dolore grande per due fattori. Innanzitutto l’irrazionalità. Capire il perché, la ragione di tutto questo. E irrazionale, quello che è successo non si riesce ancora a capire. Secondo di innaturalità, perché non è naturale che i genitori piangano i loro figli. E più naturale più umano che siano i figli a piangere per i propri genitori. Quindi il vostro è un dolore grande, come quello di Maria che ha pianto per il proprio figlio”.
“Simona – dice il sindaco di Capaci, Pietro Puccio – sarà nei nostri cuori per tantissimo tempo. Muore chi è dimenticato. E Simona non sarà dimenticata. Resterà sempre nel nostro ricordo, ma anche nella nostra azione”.
Tu ci sarai, Simona. Lo ricordano le campane, nel rintocco del cordoglio. Lo gridano le mani levate, all’uscita del feretro, mentre i palloncini volano. Dopo c’è il silenzio. Dopo c’è un macigno sul cuore. Dopo ci saranno occhi increduli che ti rivedranno. In certi tramonti d’estate tutto quello che abbiamo pensato di avere perduto torna e dice: io sono qui. Tu sorriderai, vivrai, sarai amata, in quella carezza della sera.
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