CATANIA. La Corte d’assise di Catania ha condannato a 21 anni di reclusione Andrea Bellia, colui che secondo la Procura di Caltagirone, il 16 settembre del 1992, avrebbe ucciso la diciassettenne Simona Floridia, sparita nel nulla quel maledetto giorno, dopo essere uscita da casa con le amiche per fare una passeggiata. I giudici di Catania hanno ritenuto in primo grado Bellia colpevole dell’accusa di omicidio volontario aggravato dall’aver commesso il delitto per motivi abietti e futili.
Per lui le Pm della Procura calatina Natalia Carrozzo e Samuela Lo Martire avevano chiesto 24 anni. Il processo, si ricorda, è stato aperto ben ventisei anni dopo l’archiviazione della prima inchiesta. La svolta fu un’intercettazione in cui alcuni amici dell’epoca di Bellia ipotizzarono delle ammissioni che il giovane avrebbe fatto a un conoscente. Alla lettura del dispositivo nel primo pomeriggio di ieri erano presenti i genitori di Simona, che, non appena il presidente Sebastiano Mignemi ha letto il dispositivo, sono scoppiati in un pianto liberatorio abbracciando il loro legale, l’avvocato Giuseppe Fiorito. Il primo commento è dell’avvocato Antonio Ingroia, che assieme alla collega Pilar Castiglia assiste l’imputato.
“La ritengo una sentenza ingiusta e contraddittoria – dichiara a Live Sicilia l’avvocato Ingroia -. Tutte le sentenze si rispettano, ma si possono criticare e si possono impugnare, come noi impugneremo questa, non appena leggeremo le motivazioni. Ingiusta perché a parere del collegio difensivo non c’erano le prove per poter attribuire la responsabilità all’imputato. Contraddittoria perché, da come era impostata l’accusa, la ricostruzione dei movimenti presuppongono una organizzazione del delitto: Bellia avrebbe portato la vittima in questa famosa montagna dove l’avrebbe fatta cadere giù, dunque con premeditazione, ma gli stessi giudici hanno escluso la premeditazione. O è un omicidio premeditato, ma ci devono essere le prove, o non è un omicidio. E ricordo infine che si tratta di un omicidio soltanto presunto, considerato che il cadavere non è mai stato rinvenuto nonostante, secondo l’accusa, si sia identificato il luogo dove sarebbe stato commesso l’omicidio: si sarebbe dovuto trovare il corpo all’interno del precipizio, ma nonostante tutte le ricerche eseguite, non è mai stato rinvenuto”.
L’avvocato della famiglia di Simona Floridia, ovviamente, la vede in maniera totalmente diversa rispetto al collega della difesa. “E’ una sentenza che fa giustizia e che fa luce su un fatto che è rimasto coperto dal mistero per tanti anni e che arriva dopo anni di ricerca della verità, che la famiglia di Simona Floridia, la Procura e la parte civile non hanno mai smesso di perseguire – afferma l’avvocato Fiorito, intervistato nella serata di ieri -. È una sentenza che va rispettata. Ora aspettiamo le motivazioni, che saranno depositate entro novanta giorni, ma già dal dispositivo si evince che è stata accolta la tesi della parte civile, ossia dell’aggravante dei motivi abietti e futili. Tutti gli elementi a sostegno dell’accusa si sono rivelati valere nel giudizio. La sentenza acclara un fatto che, la parte civile e l’accusa lo hanno sempre sostenuto con forza”.
Secondo quanto emerso in aula, in sostanza, una delle ipotesi dell’accusa è che Simona avesse scoperto un tradimento di Bellia, giovanissimo anch’egli, con la fidanzata di un suo amico: l’avrebbe uccisa perché non rivelasse quel segreto. Accuse che l’imputato, sempre presente in aula al processo, ha seccamente respinto. I difensori avevano anche chiesto, durante le arringhe, che gli atti e le dichiarazioni del testimone dell’accusa – che invece, evidentemente, ha convinto la Corte – fossero trasmessi alla Procura di Catania perché si procedesse nei suoi confronti “per calunnia e falsa testimonianza”.