PALERMO – Impiegati che non rispondono al telefono, informazioni poco chiare sul sito internet, recapiti non pubblicati e utenti che non riescono a mettersi in contatto con gli uffici. Il comune di Palermo, in formato smart working, non funziona e a metterlo nero su bianco, dopo le vibranti proteste degli utenti e dell’associazione costruttori, è nientemeno che il Segretario generale di Palazzo delle Aquile, Antonio Le Donne, autore di una direttiva (la settima dall’inizio dell’emergenza) emanata la scorsa settimana ma che ha scatenato il putiferio nella burocrazia comunale.
Il Segretario del resto non ha usato mezze misure: gli uffici non lavorano come dovrebbero e la colpa sarebbe dei dirigenti, a cui Le Donne affida una serie di obiettivi da raggiungere in pochissimo tempo, pena una valutazione negativa (che incide sullo stipendio) ma anche l’ipotesi di interruzione di pubblico servizio. Tanto è bastato per far andare i dirigenti sul piede di guerra e dichiarare lo stato di agitazione, chiedendo un incontro all’amministrazione: il tempo a disposizione sarebbe troppo poco e per rendere efficiente lo smart working servono organizzazione e investimenti.
Nessuno risponde al telefono
Le critiche dell’Ance hanno colto nel segno: i costruttori, in una nota inviata al Prefetto lo scorso 18 novembre, hanno lamentato la difficoltà nel contattare gli uffici e l’impossibilità di parlare con i dipendenti in smart working e quindi a casa, cosa che avrebbe comportato lo stallo delle pratiche e quindi ingenti danni al settore, alle imprese e ai professionisti. “I centralini telefonici degli uffici, i cui numeri sono indicati sul sito del Comune e che dovrebbero smistare le telefonate ai dipendenti in smart working – ha scritto l’associazione– neanche rispondono”.
“I servizi resi in modalità agile devono garantire i medesimi livelli di efficacia ed efficienza raggiunti nella modalità in presenza, se non superiori”, scrive Le Donne nella direttiva inviata la scorsa settimana ai dirigenti e per conoscenza anche al sindaco, alla giunta e al consiglio comunale, elencando poi quello che non va: i dipendenti non sono reperibili, gli utenti non riescono a contattare gli uffici, serve un monitoraggio del lavoro svolto a casa e una mappatura delle attività da poter rendere in modo “smart”.
Dipendenti reperibili, ma a quale numero?
Il Segretario tira le orecchie ai dirigenti intanto sulla reperibilità: i dipendenti comunali devono essere contattabili in fasce orarie ben definite ma per un tempo complessivo che non sia inferiore all’orario d’ufficio. Le Donne lamenta che i dirigenti non avrebbero adeguato le fasce di reperibilità, nonostante le disposizioni impartite, e precisa che in base alle relazioni pervenute c’è la “garanzia da parte di tutti i dirigenti sulla puntualità nella risposta dai telefoni d’ufficio da parte del personale e nello smistamento giornaliero della posta elettronica”.
Peccato che, come scrive il Segretario, non sempre è stata attivata la deviazione di chiamata, anche perché (come ha evidenziato qualche dirigente) il Comune non ha fornito telefoni di servizio ai dipendenti che lavorano da casa e quindi la deviazione di chiamata dovrebbe arrivare sui cellulari personali, posto che quelli d’ufficio sono anche “desueti”. Le Donne è un fiume in piena: i dirigenti ad aver attivato un sistema di monitoraggio “semestrale” dello smart working sarebbero pochi, la maggior parte si basa invece su report con frequenze diverse e non sempre redatti mediante sistemi telematici; inoltre la mappatura delle attività “agili”, tranne che in pochi casi, non sarebbe stata effettuata e quindi resa pubblica.
La nuova organizzazione
Da qui la scelta di riorganizzare il lavoro agile anche in vista del Piano organizzativo (Pola) che va approvato entro gennaio: il Segretario chiede di uniformare le modalità dello smart working, di garantire le fasce di reperibilità e le deviazioni di chiamata per chi è a casa, di adottare la formula dell’appuntamento e del colloquio da tenere tramite videoconferenza e di monitorare le attività dei dipendenti, a cui fornire telefoni e computer grazie a 1,5 milioni di euro da pescare nel Pon Metro.
Le Donne fa anche un elenco dei “compiti a casa”, assegnando 12 obiettivi ai dirigenti e cinque al solo vice capo di Gabinetto. I dirigenti, entro metà dicembre, dovranno garantire le fasce di reperibilità (dal lunedì al venerdì dalle 9 alle 14 e il mercoledì anche dalle 15 alle 17), attivare le deviazioni di chiamata su cellulari acquistati ad hoc, attivare la formula del ricevimento per appuntamento o in videoconferenza, predisporre risponditori automatici, pubblicare sul sito tutti i numeri di telefono e gli indirizzi mail e Pec degli uffici, monitorare chi lavora a casa e completare la mappatura dei servizi.
Al vice capo di Gabinetto toccherà invece capire quanti computer e telefoni servono “essendo desueti quelli vigenti che non consentono l’effettuazione delle nuove forme di contratto”, capire a chi assegnarli, pensare a un numero verde che raccolga segnalazioni e richieste di informazioni da parte dei cittadini assegnando i portieri all’Urp, pubblicare sul sito internet del Comune i contatti aggiornati degli uffici con l’obbligo, entro il 21 dicembre, di redigere una relazione su quanto fatto.
Dirigenti sul piede di guerra
Il Segretario non va tanto per il sottile: gli obiettivi e le loro scadenze “costituiscono obiettivi di performance”, ossia incideranno sugli stipendi dei dirigenti, e per chi si mostrerà negligente scatterà la sanzione disciplinare ma potrebbe configurarsi anche il “reato di interruzione di pubblico servizio”. Parole durissime a cui i dirigenti hanno risposto proclamando lo stato di agitazione e chiedendo un incontro col sindaco: in una nota del sindacato dei dirigenti, inviata a Orlando e solo per conoscenza a Le Donne, i burocrati puntano il dito contro le carenze di organico “devastanti per il buon funzionamento della macchina comunale, frutto del blocco del turn over e di quota 100”, cosa che obbliga gli uffici a fare i salti mortali e che la pandemia ha solamente aggravato.
“E’ chiaro che questo non poteva non avere refluenze sulla resa dei servizi”, scrivono i dirigenti che giudicano come “illusori” gli obiettivi di Le Donne di rendere lo smart working addirittura più produttivo del lavoro in presenza. “Questo risultato potrà essere realizzabile solo a seguito di un’attenta analisi e di una successiva rivisitazione dei servizi di tutta la macchina comunale, previa pianificazione degli interventi e concreta attuazione degli investimenti – dicono i dirigenti – Un risultato che non può discendere dall’applicazione di direttive che non tengono in alcun conto la reale situazione degli uffici”. Insomma, nessuno ha la bacchetta magica e non si può scaricare sui dirigenti la colpa di eventuali inefficienze.
I responsabili degli uffici denunciano che la direttiva “ha agitato non poco gli animi non solo dei dirigenti che non vedono riconosciuto il difficile lavoro svolto, che invece viene rampognato alla luce anche di comprensibili lamentele dell’utenza”. I dirigenti lamentano anche il poco tempo a disposizione “con una tempistica che dà il polso della mancata comprensione della difficoltà gestionali in cui opera la dirigenza nel contesto attuale. Appaiono preoccupanti – continua la nota – il tono e i contenuti della direttiva che richiama sanzioni disciplinari in caso di inadempimento, spingendosi financo, nei casi più gravi, ad ipotizzare il reato di interruzione di pubblico servizio”.
Uno scontro, quello tra il Segretario e idirigenti, che non è certo una novità ma che stavolta rischia di gettare nel caos (più di quanto non siano già) gli uffici della quinta città d’Italia.