PALERMO – Circa un centinaio di persone hanno partecipato al sit-in davanti al palazzo di giustizia di Palermo promosso dal Movimento delle Agende Rosse, a sostegno del pm Nino Di Matteo e dei colleghi nisseni, dopo l’anonimo che ha annunciato la preparazione di attentati a magistrati. Un grande striscione con la scritta “Siamo tutti Di Matteo” é stato appeso davanti al tribunale. Alla manifestazione hanno aprtecipato anche alcuni studenti dell’Accademia di belle arti, poliziotti e carabinieri, l’associazione Libera e il comitato Addiopizzo.
“Sono qui soltanto per un motivo – ha detto Di Matteo -. Quello di ringraziare tutti. Sento la vicinanza di centinaia di semplici cittadini, degli studenti di Giurisprudenza e sono felice che Palermo sia in grado di mobilitarsi anche se adesso non ci sono morti. E’ questo ils egno del cambiamento – ha continuato il pm – dell’evoluzione della mentalità. Il nostro non è soltanto un psoto di lavoro, perché noi siamo al servizio della cittadinanza e di coloro che devono pretendere che la verità venga a galla. Per questo – ha concluso Di Matteo – quello di ringraziarvi non è un dovere, ma un bisogno”. Davanti al Tribunale, anche il procuratore di Palermo, Francesco Messineo:
“Noi non vogliamo che Di Matteo resti da solo – ha detto – anzi, l’ufficio della Procura della Repubblica di Palermo si stringe adesso e continuerà a farlo, intorno a lui e a coloro che vengono attaccati. Si tratta di un messaggio che da questa piazza deve giungere a tutti”. Presente anche Vincenzo Agostino, padre dell’agente di polizia Antonino, ucciso nel 1989. “Non è stata la mafia a mandare questi messaggi – ha detto Salvatore Borsellino, fratello di Paolo, magistrato ucciso dalla mafia, e fondatore del movimento delle Agende rosse – Cosa nostra non annuncia gli attentati. Questi sono messaggi che vengono da pezzi deviati dello Stato, gli stessi che uccisero mio fratello. Anche in quel caso tutto sapevano e non hanno fatto nulla”.
“Si muore quando si è soli, diceva Giovanni Falcone – ricorda Salvatore Borsellino – uno dopo l’altro sono stati lasciati soli Carlo Alberto Dalla Chiesa, Giovanni Falcone, Paolo Borsellino e uno dopo l’altro li hanno massacrati. La mafia non manda lettere anonime – continua il fratello del magistrato ucciso – la mafia non invia avvertimenti di morte, la mafia esegue le condanne a morte. Ma c’è chi indica chi deve essere ucciso, chi può essere ucciso, magari un magistrato che squarcia il velo di un depistaggio di Stato messo in atto per coprire i veri autori e i veri mandanti di una “strage di Stato”. Tutto è molto simile a quanto avvenuto prima delle stragi del 1992 e lo dice, come monito, la stessa missiva che non è scritta da mano mafiosa, ma da chi della mafia si è sempre servito. Ma noi stavolta questi giudici non permetteremo che diventino eroi, noi abbiamo bisogno di magistrati vivi”.