PALERMO – Due sospetti “pianisti” anziché uno e il “coacervo” di affitti che pesa sulle casse della Regione. L’ex dirigente regionale Tuccio D’Urso non si limita a rassegnare i suoi dubbi alla Commissione regionale antimafia, ma ritiene di avere fornito spunti che meritano una valutazione della magistratura. E così chiede ai commissari di trasmettere il resoconto della sua audizione alla Procura della Repubblica di Palermo.
Il voto all’Ars
Nei giorni scorsi D’Urso è tornato sulla storia del voto con cui l’Assemblea regionale siciliana bocciò la proroga del suo incarico di dirigente dell’assessorato all’Energia. D’Urso andò in pensione. Poi, da pensionato, è stato scelto dal presidente della Regione Nello Musumeci per dirigere la cabina di regia che sta attuando in Sicilia il piano anti Covid finanziato dal governo nazionale per migliorare la rete ospedaliera siciliana.
In una nota D’Urso aveva detto che il “Parlamento siciliano, con voto segreto, e con i ben noti trucchetti di false votazioni, ha negato la prosecuzione del servizio a me ed ad un’altra decina di colleghi dirigenti”. Il riferimento era alle accuse, non nuove, su un “pianista” grillino che avrebbe votato contro la norma “salva D’Urso” al posto di Francesco Cappello, ufficialmente “assente per congedo”. Gianfranco Micciché ha deciso di querelare l’ex dirigente per le parole che il presidente dell’Ars ha ritenuto offensive e inaccettabili.
All’Antimafia D’Urso riferisce oggi che i voti anomali in realtà sono stati due. Lui stesso avrebbe saputo dall’onorevole Giovanni Cafeo, che glielo confidò, che non era presente in aula eppure risulta tra i votanti. “Chi doveva controllare sulla regolarità del voto non lo ha fatto”, tuona D’Urso che si spinge a definirsi “vittima di un attentato alla Costituzione perché è stata violata la libertà di voto di un parlamentare”.
Ombre sul Centro direzionale
Ma il vero tema della convocazione urgente di D’Urso sono state le parole che ha usato per rispondere all’onorevole Marianna Caronia, e il riferimento “agli anonimi possessori della maggioranza del fondo immobiliare a cui la Regione versa 40 milioni di euro di affitti l’anno, protetti dall’anonimato azionario delle Isole Cayman, e in parte da ben noti proprietari immobiliari siciliani”.
Qualcuno, secondo D’Urso, non vorrebbe la costruzione del Centro direzionale (l’approvazione del progetto dovrebbe avvenire entro la fine del mese) dove dovrebbero essere accorpati gli uffici regionali, garantendo il risparmio milionario degli affitti.
Una vicenda legata alla società Spi, Sicilia Patrimonio Immobiliare. Si trattava di una società partecipata al 75%, nata con il compito di valorizzare e commercializzare il patrimonio immobiliare e alla fine messa in liquidazione.
Una vicenda che ha generato due esposti, uno firmato dall’ex governatore Rosario Crocetta e l’altro dall’ex presidente del Consiglio di sorveglianza di Spi, Antonio Fiumefreddo. Furono aperte due inchieste nel 2017, una della Procura della Repubblica e un’altra della Procura regionale della Corte dei Conti. Inchieste che non hanno portato a sviluppi, almeno non noti.
La vendita di 33 immobili
L’affare ruotava attorno alla vendita 33 immobili della Regione per 200 milioni di euro (una cifra ritenuta al di sotto del valore di mercato). Il governo era quello guidato da Totò Cuffaro. A comprare gli immobili fu il fondo Fiprs della ex Pirelli Re che li riaffittò alla stessa Regione con canoni di 20 milioni l’anno (la cifra fu resa nota dalla Corte dei Conti).
Nel 2017 il governo Crocetta pensò di ricomprare gli immobili, che nel frattempo erano passati di mano. Ancora una volta era stata la Corte dei Conti, nel 2008, a scrivere che i soci dell’ex fondo Pirelli Re erano diventati Trinacria Capital e Sicily Investments con sede in Lussumeburgo.
C’è di più perché durante il secondo governo Cuffaro fu avviato un censimento degli immobili regionali costato 80 milioni, affidato alla cordata dell’immobiliarista Ezio Bigotti, coinvolto in inchieste e processi (che deteneva il 25% di Spi) e poi finito al centro di un contenzioso per altri 80 milioni. Sono stati spesi 100 milioni fra il 2007 e il 2009 per un censimento che la stessa Regione ha bollato come inutilizzabile.
Leggi l’articolo di Livesicilia del 2014
Il riferimento alle Isole Cayman
Sul riferimento alle Isole Cayman (“una scelta evocativa”, la definisce l’ex dirigente) D’Urso dice di fare riferimento ai resoconti giornalistici, ma ritiene importante “conoscere a chi rispondono i due fondi anche perché qualora dovesse sfumare la realizzazione del Centro direzionale è con loro che la Regione che dovrà confrontarsi”.
Il caso degli affitti
Ed ecco il cuore dell’audizione. D’Urso sostiene che gli immobili venduti ai fondi siano stati poi di nuovo affittati dalla Regione, inserendo la clausola che obbliga la stessa Regione a pagare i lavori strutturali e di adeguamento degli impianti alle norme di sicurezza. Adeguamento in minima parte eseguito. Dunque il personale regionale, secondo D’Urso, lavorerebbe in uffici non a norma che dovrebbero essere adeguati con i soldi dell’affittuario, la Regione, e non del proprietario.