Le “case dei fantasmi” sono stabilimenti industriali ai bordi delle strade e alle periferie delle città siciliane. Sorgono in mezzo al nulla o accanto a palazzi nuovissimi, circondate dal verde o ai margini di centri commerciali. Sono inserite nel paesaggio da talmente tanto tempo che ci siamo abituati alla loro presenza. Spesso sono abbandonate e ci chiediamo cosa siano state e quale sarà il loro destino, mentre a volte vivono ancora, ma nascondono storie del passato che aspettano di essere raccontate. Questa prima puntata esplora un luogo ancora vivo alla periferia di Palermo. I suoi fantasmi sono quelli di una speranza di progresso tradita e di uno sviluppo industriale mai partito davvero.
È una zona di passaggio. Stretta tra la circonvallazione e i cantieri per la metropolitana, la striscia di capannoni anonimi e centri commerciali a nord di via Belgio accompagna il viaggiatore fino all’uscita di Palermo. Proprio all’inizio della lunga successione di caseggiati, però, c’è un piccolo pezzo di storia siciliana, uno stabilimento che oggi riporta lo stemma della Croce Rossa Italiana, ma in passato è stato il centro di una sfida imprenditoriale e dell’ennesima occasione sprecata per l’industria siciliana.
Ancora oggi gli operatori della Croce Rossa indicano la propria sede con un nome: Dagnino. È più facile che i palermitani capiscano, dicono. Andrea Dagnino è il nome dell’imprenditore che voleva fare concorrenza ai panettoni di Motta e Alemagna, e che per riuscirci aprì uno stabilimento per la produzione industriale di dolci nella zona di viale Regione Siciliana, il tre dicembre del 1966. La Dagnino era in anticipo persino sulla Barilla, che avrebbe aperto la Mulino Bianco solo nel 1974, e riempiva i bar e i mercati siciliani con i suoi cornetti, crostate, crostatine, panettoni e colombe riconoscibili dalla D del marchio. Andrea Dagnino, d’altronde, era figlio d’arte: la sua famiglia aveva fondato la pasticceria del Massimo in via Ruggero Settimo, mentre negli anni cinquanta aveva aperto una pasticceria nella galleria Esedra, a Roma. La produzione industriale di prodotti per famiglie, però, era un salto molto grande, e per fare partire la fabbrica fu necessario allearsi con la regione, che contribuì per il settantacinque per cento del capitale attraverso l’ente siciliano per la promozione industriale, mentre il restante venticinque lo misero Dagnino e i suoi soci.
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Per una decina d’anni colombe e panettoni Dagnino riscossero un certo successo, ma poi venne chiesto un aumento di capitale che i soci privati della società non erano in grado di sottoscrivere. Andrea Dagnino fu estromesso da ogni carica, togliendo dalle funzioni dirigenziali la persona che aveva progettato e fatto crescere la fabbrica dolciaria. In breve tempo la sede di viale Regione, diventata completamente pubblica, si slegò da ogni logica di profitto, e lo stabilimento venne chiuso negli anni ottanta, con i quattrocento dipendenti che entrarono nel calderone della Resais, la società che gestisce gli ex dipendenti regionali.
Nei primi anni novanta lo stabilimento inizia la sua seconda vita. Rimasto di proprietà della Regione, viene affidato alla Croce Rossa Italiana per gestire i primi anni del servizio di soccorso d’urgenza, il 118, che proprio qui ha la sua prima centrale operativa. Nel corso degli anni la Croce Rossa palermitana ne fa un uso sempre più esteso, installando i propri uffici nella stessa zona amministrativa usata dalla Dagnino. Oggi è la sede dell’autoparco palermitano, degli uffici per la formazione di primo soccorso, della sala operativa. Da qui, inoltre, partono uomini e mezzi per il supporto sanitario al Palermo Calcio, e qui ha sede il centro per gli interventi d’emergenza, in cui vengono stoccati i materiali da utilizzare in caso di gravi emergenze sul territorio.
Lo stabilimento Dagnino è rimasto praticamente intatto, con addirittura alcuni materiali, come i montacarichi e le porte d’epoca, ancora presenti al suo interno. Solo un edificio è inagibile, quello che gli operatori crocerossini, con un omaggio consapevole alla storia del luogo, chiamano “frutta candita”. I progetti per il futuro prevedono di usare il grosso corpo centrale della fabbrica per stoccare meglio i materiali della Croce Rossa e ingrandire il magazzino per le donazioni di cibo, attualmente in corso per circa 150 famiglie. In un certo senso, lo stabilimento Dagnino continua a svolgere la sua funzione per cui è nato, quella di dare cibo alla città.
(1- continua)