Catania – Tra l’incudine e il martello. Tra un “sì” che ridona la speranza e un “no” che continua a prolungare l’attesa. Il tribunale del Lavoro di Catania ha accolto il ricorso per la somministrazione delle infusioni con il metodo Stamina a due bambine della provincia etnea. Smeralda e MariaVittoria.
Tre anni la prima, in coma sin dalla nascita a causa di complicanze durante il parto, quattro anni la seconda affetta da Sma1. Una malattia degenerativa delle cellule nervose. La piccola Smeralda, ha già completato nel 2013 il primo ciclo di infusioni a seguito di una sentenza favorevole del tribunale di Catania, mentre per Maria Vittoria l’ok da parte del giudice rappresenterebbe l’inizio della terapia.
“In realtà, – ha commentato a Live Sicilia Catania Giuseppe Camiolo, padre di Smeralda – è passato un mese da quando abbiamo vinto il ricorso all’articolo 669 che impone agli Spedali Civili di Brescia, entro date prestabilite, di emettere un ordine di servizio per avviare la ricerca di personale medico disposto a praticare le infusioni. Ma, ancora, non c’è stata comunicata alcuna data. Nel nostro Paese le sentenze esecutive ormai da anni vengono disattese, di conseguenza purtroppo non nutro particolare fiducia”.
A demoralizzare le famiglie è la situazione particolarmente ingarbugliata sulla questione che genera punti di vista discordanti. Pareri opposti e inconciliabili. Se da un lato diversi giudici si schierano “pro Stamina”, dall’altro c’è chi come il ministro della Salute Lorenzin opta per un cauto temporeggiamento in attesa delle decisioni del Comitato scientifico.
“Tale contraddizione – continua Camiolo – ci preoccupa parecchio. Come può uno Stato che dovrebbe far rispettare le leggi schierarsi contro le sentenze stesse dei giudici? Il tribunale di Catania nell’arco di un anno si è espresso parecchie volte a favore del trattamento, il timore adesso è che tale situazione assurda possa condizionare negativamente i magistrati. Ciò renderebbe vana la battaglia di tutti coloro che come me, da anni, lottano per l’affermazione del diritto alla salute dei propri figli”. A demoralizzare il padre della piccola è il “no” emesso, difatti, qualche giorno fa dal tribunale di Catania per un caso analogo.