PALERMO – “Sto aprendo una nuova attività e vorrei fosse chiaro che mai e poi mai pagherò nulla che non siano le tasse allo Stato italiano”. E’ la frase che si ripete su decine di volantini affissi sulle vetrine di un negozio in fase di ristrutturazione nel centro storico di Palermo. Tradotto in tutte le lingue, il messaggio prosegue: “Se qualcuno ha intenzione di venire a chiedere qualcosa per i carcerati o le loro famiglie o ancora per pagare gli avvocati…sappia che deva andare al diavolo. Io non pago”.
La firma è di Gianluca Calì, l’imprenditore di Casteldaccia che ha denunciato e fatto finire in cella i suoi estorsori e che dopo anni di intimidazioni e minacce puntualmente denunciate, ha dato vita a ciò che definisce una “provocazione”. Ma non solo, perché quelle parole vogliono incoraggiare i giovani a non avere paura.
“Spesso chi vuole diventare imprenditore e aprire un’attività, si tira indietro per paura di ricevere delle richieste di pizzo. Non si può andare avanti con questa mentalità e sperare di poter andare un giorno via per lavorare in un’altra città. Rimanere qui è possibile, ma bisogna prendere le distanze subito da certi meccanismi. Per questo ho deciso di mettere in chiaro ancor prima di aprire che, qualunque richiesta riceverò, la mafia non avrà da me un centesimo. I volantini sono stati più volte strappati, ma non mi arrendo”.
La concessionaria d’auto di Gianluca Calì finì nel mirino degli estorsori nel 2011, quando fu distrutta da un attentato incendiario che provocò perdite economiche pari al 97 per cento. Da allora le intimidazioni nei suoi confronti si sono ripetute per anni. Telefonate anonime, irruzioni notturne nella sua abitazione, fino ai furti nella concessionaria: nello stesso anno una delle auto rubate è stata successivamente trovata incendiata nelle campagne della provincia. Per sentirsi più al sicuro ha inoltre acquistato un’auto blindata su Ebay, pagata di tasca propria.
Adesso, l’apertura di un’agenzia immobiliare rivolta ai turisti: “La nuova filiale sarà proprio in quei locali di corso Vittorio Emanuele, nel cuore del centro storico. Erano chiusi dal 2010. Chi arriva dall’estero e già rimasto positivamente colpito da quel messaggio che lancio oggi più che mai con tutte le mie forze. L’ho tradotto in tutte le lingue perché voglio che gli stranieri possano dimenticare l’immagine del siciliano con la coppola e la lupara. Voglio che sappiano – conclude Calì – che c’è molta gente che ripudia la mafia e le sue dinamiche, contro le quali mi batterò sempre in prima persona”.