PALERMO – In primo grado era stato condannato ad un anno di reclusione, senza sospensione condizionale della pena e al risarcimento delle parti civili, per avere provocato lesioni gravi ad un compagno di scuola, ma a sferrare quel pugno non fu lui. A stabilirlo è la sentenza della seconda sezione della Corte d’Appello di Palermo, che ribalta tutto per M.M, 26 anni, assolto per non avere commesso il fatto.
La vicenda risale al marzo del 2013, quando un 17enne fu picchiato da tre giovani in un garage vicino all’istituto Don Bosco, la scuola che tutti e quattro frequentavano. Un caso di bullismo che sconvolse docenti e studenti, dopo il quale le indagini della polizia e della procura partirono subito, permettendo l’individuazione di tre ragazzi che all’epoca erano al quinto anno.
Il pestaggio, avvenuto durante le vacanze pasquali, prese vita in seguito ad uno screzio che la vittima aveva avuto con un compagno. Quest’ultimo avrebbe chiamato i rinforzi, ovvero il fratello maggiore ed un amico, un 21enne anche lui al quinto anno perché ripetente. Il giovane fu trovato sanguinante in quel garage, riportò gravi ferite al volto e ad un occhio: per lui fu necessario il trasporto d’urgenza in ospedale, in cui fu sottoposto ad un delicato intervento chirurgico.
Uno dei tre aggressori, B.F, aveva già patteggiato in primo grado un anno e otto mesi, con la sospensione condizionale della pena. Per M.M, invece, in appello la difesa ha sostenuto l’inattendibilità delle dichiarazioni delle parti civili, ovvero il ragazzo aggredito e i suoi genitori: “Erano in contrasto con le dichiarazioni rese dai due fratelli – spiega l’avvocato Salvatore Pirrone, legale del 26enne – e con il racconto del giovane stesso nella fase iniziali delle indagini”.
“È emerso sottolinea l’avvocato – che il pugno che provocò le gravi lesioni al ragazzo è stato sferrato da B. F., che aveva già patteggiato la pena. Si è così chiusa finalmente una vicenda che aveva fatto tanto male alle parti coinvolte. Il mio assistito – conclude – pur essendo stato presente durante il litigio, era intervenuto solo per porre fine all’aggressione e la sentenza che lo aveva condannato era palesemente errata”.