"Sul tetto agli stipendi | c'è chi fa solo populismo" - Live Sicilia

“Sul tetto agli stipendi | c’è chi fa solo populismo”

Giovanni Ardizzone

Intervista al presidente dell'Ars Giovanni Ardizzone. "Si butta fango sulla Sicilia proprio quando l'Assemblea ha adottato tagli che avrebbe potuto evitare. Mai più stipendi da 500 mila euro". La richiesta di Crocetta di un tetto più basso? "Populismo, tanto più se togli dei limiti a chi non poteva superare i 50 mila euro".

Intervista ad Ardizzone
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7 min di lettura

PALERMO – Prima il rapporto sui costi della politica di mister spending review Carlo Cottarelli, anticipato sul Corriere della Sera da Sergio Rizzo, con tanto di foto di Palazzo dei Normanni in apertura sul sito del primo quotidiano italiano. Poi l’affondo di Gian Antonio Stella sui dorati stipendi dei burocrati dell’Ars. Solo le ultime puntate di una lunga serie di apparizioni sulla stampa nazionale dell’Assemblea regionale siciliana come luogo simbolo degli eccessi delle regioni. Exploit che segue alle cronache delle testate regionali come Livesicilia sulle polemiche relative ai maxistipendi dei burocrati dell’Ars. Pubblicità non certo gradita al presidente Giovanni Ardizzone, che a Stella ha scritto, chiedendo al giornalista autore de La Casta un confronto pubblico (il giornalista avrebbe accettato). A Livesicilia il presidente dell’Assemblea parla di quello che ritiene un “attacco concentrico al regionalismo”, ma anche dei costi dell’Ars, dagli stipendi d’oro alle auto blu, rivendicando i tagli effettuati da Palazzo dei Normanni.

Presidente Ardizzone, la Sicilia è da sempre capofila sui media nazionali quando si parla di costi della politica. Un primato meritato?
“È un atteggiamento demagogico e strumentale portato avanti da diversi anni da chi pensa che distruggendo le regioni, lo Stato si solleva dalle proprie responsabilità. È un gioco al massacro. C’è un attacco concentrico al regionalismo. Però c’è anche l’incertezza da parte dello Stato: con la riforma del Titolo V abbiamo avuto un decentramento, ultimamente di nuovo un accentramento in capo allo Stato. Anche se trovo di buon auspicio che in commissione Affari istituzionali, grazie alla Lega, si sia previsto che le specialità siano salvaguardate”.

Lei parla di attacco al regionalismo, ma non è che le regioni proprio non si aiutano?
“Non c’è dubbio, però non lo si può dire con rifermento ai costi della politica. Io di questo ho parlato anche in sede di assemblea dei consigli regionali. Ci sono alcune regioni con 300 mila abitanti come il Molise che non hanno ragione di esistere. Ma ci sono regioni come la Sicilia che nonostante il loro statuto non esprimono tutto quello che potrebbero esprimere, perché lo Stato si tiene le nostre risorse. Noi non incassiamo quello che produciamo nella nostra regione. Le risorse previste dallo Statuto non vengono più trasferite. E questo va detto”.

Ma non c’è un problema sul come le spendiamo queste risorse?
“Che poi siano state spese male non c’è dubbio. Però è strano che giusto nel momento in cui l’Ars si sgancia del Senato e il presidente e i deputati costano quello che costano i presidenti e i membri degli altri consigli, proprio nel momento in cui l’Assemblea regionale si sottopone ai controlli della Corte di conti, diversamente da quel che si scrive, proprio adesso si butti fango sulla Sicilia. Perché?”.

Non ci sono solo i costi dei deputati. C’è anche quello del personale. E per questo l’Ars è tornata nell’occhio del ciclone…
“E ora veniamo attaccati? Ora che ci sganciamo finalmente dal Senato con riferimento ai costi del personale? Ora che il segretario prenderà una somma non superiore ai 240 mila euro, che poi è il limite fissato dal decreto Renzi? Una norma che, è bene spiegarlo, lascia fuori gli organismi di rilevanza costituzionale: Camera e Senato parlano di farlo nel 2018, noi lo facciamo da subito. Ma al di sotto di quello non possiamo andare, perché lo dice lo Statuto”.

Ma era proprio impossibile imporre un tetto più basso, come chiedeva il governo regionale?
“Se si vuole parlare alla pancia della gente e fare populismo si può dire altro. Ma non si poteva fare. E con questo provvedimento si realizzeranno dei risparmi, su stipendi che superavano i 500 mila euro…”.

Quindi lo stipendio da 500 mila euro c’era.
“Sì, c’era uno stipendio che superava i 500 mila euro. Adesso non potrà superare i 240. Anche i consiglieri che superavano la soglia, verranno riportati in quel limite. Lo abbiamo fatto pur sapendo che noi potevamo mantenere l’aggancio al Senato. Ma al di sotto di quel tetto massimo non si poteva andare. Avrei potuto avventurarmi, ma andando incontro a tutta una serie di ricorsi, che avremmo perso. Avrei potuto fare il populista come altri, ma rischiando di fare indebitare l’Assemblea per il futuro con i ricorsi che avremmo perso. Per me andare al di sotto di 240 mila euro è solo un atteggiamento populistico, perché quella sarebbe violazione dello Statuto. A maggior ragione se togli dei limiti ad altri soggetti che non potevano superare in passato i 50 mila euro”.

Lei rivendicava prima i tagli effettuati con la legge che ha recepito il decreto Monti. Quanto faranno risparmiare?
“Intanto, quattro o cinque milioni solo sui gruppi parlamentari. E poi ci sono i risparmi sugli emolumenti dei deputati con tutti i benefit che sono saltati, li quantificheremo. E abbiamo mantenuto solo i contratti con i così detti portaborse in essere al 31 dicembre scorso. Non abbiamo rimborso spese per viaggi aerei”.

E quindi quanto costerà l’Ars l’anno prossimo?
“Una cosa è certa, il costo non potrà mai essere nella misura delle altre regioni. Perchè noi ci facciamo carico delle pensioni. Quando va in pensione un dipendente del consiglio della Lombardia, la pensione viene pagata dall’Inpdap, noi invece lo paghiamo come Assemblea. E quindi questi paragoni sono sbagliati”.

Avete fatto dei tagli, questo è un fatto. Le chiedo: non c’è ancora da tagliare? Magari a partire da un ufficio di presidenza affollato di collaboratori esterni?
“Non è così. Io ho in pianta organica 23 persone e ne ho prese solo sette”.

E questo non dimostra che sette persone sono sufficienti e che quindi il regolamento si potrebbe cambiare tagliando il numero degli esterni? Perché un segretario deve averne cinque di collaboratori?
“Non è un problema di numero ma di budget”.

E perché l’Ars deva avere sette auto blu, quando ci sono consigli che ne hanno una o zero?
“Non mi risulta che ci siano regioni che non abbiano auto blu. Abbiamo fatto una gara, riducendo del 62 per cento il costo delle macchine, portandole da diciannove a sette. I tagli sono stati fatti. Ma c’è un’attenzione particolare rivolta alle regioni, forse per spostare l’attenzione da altro. Se io leggo su un autorevole giornale siciliano che sui gruppi regionali non c’è controllo contabile, quella è una falsità. Tutti i nostri conti sono soggetti al controllo della Corte dei conti come previsto dal decreto Monti”.

Però nel dossier di Cottarelli sulla spending review dei costi della politica, i consigli regionali sono indicati come una voce su cui tagliare. E l’Ars è sempre al primo posto.
“Ripeto: se io nel costo del parlamento computo tutte le pensioni, oltre al costo di un palazzo per il quale ci vogliono sette milioni di euro all’anno, non si può rapportare il parlamento siciliano a quello del Molise”.

E allora le chiedo, hanno ancora senso oggi le specificità della Sicilia?
“Sì, a maggior ragione oggi che sui costi ci siamo uniformati alle altre regioni. Qui si continua a far passare un messaggio per cui lo Statuto è servito a far arricchire qualcuno. Io dico invece che la classe dirigente ha fatto questi sforzi per limitare i costi, e ne deve fare ulteriori, ma non si deve toccare lo Statuto. Il 9 luglio la Corte costituzionale ha stabilito che l’Iva incassata in Sicilia deve restare qui. Ecco, nel momento in cui facciamo sentire le nostre ragioni arrivano questi attacchi. Abbiamo fatto quei tagli proprio perché vogliamo essere più credibili. Dire che siamo privilegiati rispetto alle altre regioni è una falsità, portata avanti per ammazzare lo Statuto”.

Ma lo Statuto è un moloch? O forse ci sono parti che potrebbero essere riviste. Per esempio, il personale dell’Assemblea agganciato al Senato oggi ha ancora senso?
“Non ha più senso. Infatti l”ho sganciato. Abbiamo stabilito il tetto di 240 mila euro previsto dal decreto Renzi, che fa salvi gli organismi di rilevanza costituzionale. Potevamo restare fuori anche noi”.

Renzi vuole adeguare gli stipendi dei consiglieri regionali a quelli dei sindaci dei comuni capoluogo. Che ne dice?
“Quando lo farà, saremo disponibili a farlo anche noi”.

Lei ha insistito a lungo in questa intervista sulla difesa delle prerogative della Regione nei confronti dello Stato. Ma le cronache degli ultimi giorni raccontano invece di una Sicilia che ha rinunciato a certe pretese oggetto di contenzioso con lo Stato. Che ne pensa?
“Per me non ci deve essere alcuna rinuncia, io voglio chiarezza su quello che è successo. Un passaggio d’Aula ai fini della legittimità del provvedimento è non solo utile ma necessario”.

 


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