Respinto il ricorso dei legali del capomafia, che hanno sostenuto che le condizioni di salute di Provenzano non siano compatibili con il carcere.

La lettera che il ministro della Giustizia ha inviato al capo del Dap, Giovanni Tamburino, in merito alla proroga del regime di carcere duro per il padrino di Corleone.

Francesco Paolo e Angelo Provenzano all'agenzia Ansa: "Venga resa pubblica l'immagine di nostro padre".

Il provvedimento che impone il 41 bis al boss va rinnovato ogni due anni e sarebbe scaduto domani. Le Procure di Palermo, Caltanissetta e Firenze, interpellate da un guardasigilli, avevano dato parere negativo.

La Procura di Palermo ha completato il cosiddetto "cumulo", il calcolo delle pene che il padrino di Corleone deve scontare. Stesso computo è stato fatto per un altro boss corleonese, Leoluca Bagarella.

Per i pm il capomafia, gravemente malato e incapace di partecipare ai processi, non sarebbe più in grado di comunicare con l'esterno.

Il mancato blitz, secondo gli inquirenti, avrebbe potuto portare alla cattura del boss Bernardo Provenzano già ad ottobre del 1995. La vicenda, raccontata dal confidente Luigi Ilardo, è costata al generale dei carabinieri Mario Mori l'accusa di favoreggiamento aggravato alla mafia.

di Riccardo Lo Verso. Bernardo Riina è il pastore che coprì l'ultima fase della latitanza del padrino corleonese a Montagna dei Cavalli. Negli anni è diventato un grande proprietario terriero. La confisca è stata eseguita dalla finanza di Palermo.

Angelo Provenzano doveva essere sentito come testimone nell'ambito di un'inchiesta sul presunto tentativo di suicidio del padre. (Foto facebook Andrea Tuttoilmondo)

Il collaboratore di giustizia: "Per Provenzano Ciancimino era come un dio".

Le condizioni di salute non gli consentono di partecipare al processo.

Per gli inquirenti dopo una prima fase che avrebbe visto protagonista Totò Riina, la trattativa con le istituzioni, sempre per il tramite dei carabinieri, sarebbe proseguita con Provenzano.

La Procura ha convocato il figlio del capomafia per un interrogatorio nell'ambito dell'inchiesta per istigazione al suicidio aperta dopo il presunto tentativo di togliersi la vita compiuto dal boss in carcere.

Dopo l'atto d'appello già presentato dal pm di primo grado Nino Di Matteo, anche il sostituto procuratore generale Luigi Patronaggio prova a smontare l'assoluzione puntando il dito contro i due imputati accusati del mancato blitz che avrebbe fatto saltare, nel 1995, la cattura di Bernardo Provenzano.