Provenzano, i Salvo e Chinnici | La deposizione del pentito Di Carlo - Live Sicilia

Provenzano, i Salvo e Chinnici | La deposizione del pentito Di Carlo

Il collaboratore di giustizia: "Per Provenzano Ciancimino era come un dio".

Il processo sulla trattativa stato-mafia
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PALERMO – “Per Bernardo Provenzano, Ciancimino era come un dio. Mi ricordo di avere visto il politico varie volte. Una volta negli anni ’70, al castello di San Nicola, partecipò a una riunione a cui c’erano sia Riina che Provenzano perché c’era un capomafia americano, venuto perché Riina aveva bisogno di una favore in Canada”. Lo ha detto il pentito Francesco Di Carlo, deponendo al processo sulla trattativa Stato-mafia. “Ciancimino voleva dirigere tutto lui il settore ‘appalti’ – ha spiegato – mentre Michele Reina, segretario provinciale della Dc, voleva la sua parte. Ciancimino spinse così tanto che alla fine Provenzano chiese l’eliminazione di Michele Reina in commissione”. Reina fu ucciso nel 1979. “Totò Riina sapeva benissimo – ha proseguito – quanto fosse solido il rapporto tra Provenzano e Ciancimino”.

L’OMICIDIO IMPASTATO
“Ho saputo che i cugini Salvo si sono rivolti ad Antonio Subranni per fare chiudere l’indagine sulla morte di Peppino Impastato”. Lo ha detto il pentito Francesco Di Carlo, deponendo al processo sulla trattativa Stato-mafia. Il collaboratore ha ricordato di aver più volte visto il generale Subranni, ex capo del Ros e tra gli imputati, negli uffici dei cugini Nino e Ignazio Salvo, potenti esattori siciliani vicini alla mafia, e una volta anche con Salvo Lima. Sulla morte di Impastato,il militante comunista assassinato dalla mafia nel 1978, Di Carlo ha aggiunto che “Badalamenti aveva interessato Nino e Ignazio Salvo – ha detto – per parlare col colonnello. Dopo poco tempo Nino Badalamenti mi ha detto: ‘no, la cosa si è chiusa’”.

I SALVO E CHINNICI
“Nino Salvo voleva eliminare Rocco Chinnici, uno dei principali rivali di Cosa nostra. Salvo faceva come un pazzo”. Lo ha detto il collaboratore Francesco Di Carlo al processo sulla trattativa Stato-mafia. Rocco Chinnici fu ucciso il 29 luglio 1983 con una Fiat 127 imbottita di esplosivo davanti alla sua abitazione in via Pipitone Federico a Palermo. Secondo Di Carlo, Nino Salvo – che con il cugino Ignazio gestiva la società di riscossione delle imposte in Sicilia – avrebbe “chiesto a Michele Greco di fare un favore su Chinnici”, un favore in questi casi significa l’eliminazione.


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