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Taglio dei parlamentari | Tutti d’accordo, però…

Erano tutti d’accordo. Ma oggi, quando si è trattato di entrare nella discussione generale del ddl sulla riduzione dei deputati all’Ars, sono emersi i “ma” e i “però”. Questioni di principio, fattori concreti e contrappesi politici, tutto è tornato utile per rallentare un disegno di legge necessario a detta di tutti i gruppi politici. Ma così importante da necessitare “di un ulteriore approfondimento”, di “inquadrare la legge all’interno della nuova architettura istituzionale”, di “prevedere norme che equilibrino il peso tra parlamento e governo”.
Così, l’approvazione del ddl, prevista per domani mattina, non è così scontata, visto anche l’incombere del voto segreto, che potrebbe essere chiesto da qualche parlamentare d’opposizione. Opposizione che ha messo sul piatto della bilancia, per far passare il ddl, l’inserimento di un emendamento col quale si aggiunge all’articolato una norma che “svincoli” il destino dell’Ars da quello del presidente della Regione siciliana. La cosiddetta “norma antiribaltone”.

Ad accendere la miccia della discussione in Aula, è la decisione del presidente Cascio di fissare il limite per la presentazione degli emendamenti alla discussione stessa. “Ad horas”, come viene detto in gergo. Scelta che ha immediatamente scatenato la reazione Toto Cordaro. “Questa legge non può essere un aborto, così come quella sull’agricoltura, approvata da questo parlamento. Io sono a favore della riduzione dei deputati, ma sono contrario agli aborti normativi”. Il capogruppo del Pid Rudi Maira ha chiesto tempo per discutere la legge, con lo scopo di “trovare l’unità d’intenti. Non possiamo trasmettere un messaggio diverso all’esterno. E credo che l’Aula dovrebbe affrontare l’argomento con la massima solennità, cosa che non mi pare esserci oggi. L’opinione pubblica – ha aggiunto Maira – chiede più la riduzione delle indennità di carica per i politici che il taglio del numero dei rappresentanti nelle istituzioni a vari livelli. Spingiamo invece Camera e Senato a razionalizzare il numero dei propri componenti, magari varando noi una legge che stabilisca che il numero dei deputati regionali sia pari al 10% dei componenti del parlamento nazionale”.

Una norma “che non ha nulla a che vedere con la politica”. Così inizia l’attacco del capogruppo Fds Titti Bufardeci: “Diciamo la verità: questa legge è la conseguenza dello tsunami di antipolitica che ci siamo anche meritati, è frutto della ‘pancia’ della gente”. Anche Roberto Di Mauro, dell’Mpa, per la verità, chiede di riflettere sui contenuti di una norma “che andrebbe inserita all’interno di quel processo di modifica dell’architettura istituzionale che è in atto a qualsiasi livello, dai Comuni alle Province”, mentre il suo compagno di partito Giuseppe Arena rilancia: “Anche 70 deputati sono troppi, la legge infatti pone il limite a 50. L’ipocrita mediazione partorita – ha aggiunto – non risolve in maniera seria e concreta il problema della riduzione dei costi della politica. Bisogna smetterla di prendere in giro gli elettori con pannicelli tiepidi, fini a sé stessi, utili solo a proteggere l’odiata casta”. Contrario all’immediata votazione del ddl, ma con altre motivazioni, Carmelo Incardona: “Stiamo trattando questa legge come se fosse cosa di poco conto. I costi della politica si riducono recuperando l’efficienza del Parlamento, che deve tornare protagonista”.

Già, ecco il “nodo politico” della questione.  Le opposizioni, infatti, chiedono l’inserimento della cosiddetta “norma antiribaltone”: “Riteniamo doveroso per completezza istituzionale – hanno dichiarato i parlamentari del Pdl Salvino Caputo e Francesco Scoma – di inserire nel disegno di legge sulla riduzione del numero dei parlamentari anche un emendamento che separi le sorti del Presidente della Regione dalla vita istituzionale della Assemblea regionale”. Un parlamento, secondo Carmelo Incardona, “ostaggio e prigioniero” del presidente di turno da tre legislature.

E se i capigruppo di Udc e Fli, Giulia Adamo e Livio Marrocco hanno chiesto l’accelerazione dell’iter, e hanno assicurato che non presenteranno alcun emendamento, in difesa del ddl, ovviamente, è intervenuto il promotore Giovanni Barbagallo che ha palesato però qualche timore in vista del voto imminente: “Ho notato in Aula diversi mal di pancia. Anche di esponenti di partiti che formalmente dicono di sostenere la norma. La richiesta di legare questa legge alla norma anti-ribaltone è solo un pretesto per rallentare l’iter”. Un iter che potrebbe avere, alla fine, un esito negativo: “Credo che il numero dei deputati in Aula contrari alla legge possa consentire l’affossamento della legge”, aggiunge Barbagallo, paventando la possibilità che molti parlamentari possano nascondersi dietro la richiesta del “voto segreto”. “Una sconfitta per il parlamento siciliano”, in quel caso, secondo il deputato democratico, visto che “se questa riduzione non la operiamo noi, interverrà qualcun altro”. La pensa allo stesso modo, del resto, anche il capogruppo del Pd Antonello Cracolici: “Con questo ddl – ha detto –  possiamo riaffermare l’autonomia del parlamento siciliano da quello nazionale, attraverso un’operazione politica pubblica e trasparente. Del resto, – ha concluso – la norma è stata firmata da tutti i capigruppo ed è stata approvata senza alcun emendamento. Anzi, con l’accordo di non modificare il testo con norme che interessino altre parti dello Statuto”. Come dire: ma non eravamo tutti d’accordo?

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