Caro dottor Lari,
Le scrivo senza indulgenze letterarie. Ma soltanto perché Lei è l’Istituzione che qualche anno addietro, leggendo le tre righe d’Ansa che comunicavano l’apertura a Caltanissetta di un nuovo fascicolo sulla strage di via D’Amelio, mi fece materialmente battere il cuore per una nuova, vera e seria speranza nella Giustizia e per la Verità.
Non ho nulla da insegnarLe, ma desidero rassicurare me stesso e quanti formulano i miei stessi pensieri. Desidero dirLe che:
le recentissime rivelazioni sulla genesi di Tangentopoli offrono una visione da approfondire;
il progetto, poi realizzato, prevedeva l’azzeramento dei partiti di governo in Italia e la loro sostituzione, per un ventennio, con il maggiore partito di opposizione;
i fatti giudiziari di quei tempi confermano tutto, tranne che l’ingresso al governo di quel partito di opposizione a causa di una nuova presenza sullo scenario politico. Presenza che convogliò su di sé i voti dei dissolti partiti;
l’uso “disinvolto” dei codici penali fu sotto gli occhi di tutti ed è rimasto nella memoria collettiva.
Le chiedo: qualcuno può ritenere che se la direzione della DNA fosse stata in capo al dottor Falcone o al dottor Borsellino sarebbe stato possibile quell’uso “disinvolto” dei codici penali? E ancora: qualcuno può ritenere che, se il progetto fu veramente quello di matrice internazionale rivelato di recente, non sia oggi individuabile il movente principale delle stragi, chi vi aveva interesse e la soluzione al comune convincimento che non fu soltanto mafia?
Ecco quanto desideravo dirLe, non senza aggiungere un’esortazione: non si senta pressato dai tempi e dalla spinta di qualche istituzione e di una certa opinione pubblica che vorrebbe archiviare semplicisticamente la “pratica”.
Le auguro, di cuore, buon lavoro.