L’inserimento del taser nella dotazione delle forze di polizia è ancora più vicino: oggi il Consiglio dei ministri ha approvato un decreto di due articoli che modifica il regolamento di impiego della pistola a impulsi elettrici. Le prossime tappe del decreto saranno il Consiglio di Stato e, in caso di parere positivo, di nuovo il Cdm per l’approvazione definitiva. La pronuncia del governo si basa anche sugli esiti positivi di una sperimentazione partita nel settembre 2018 in dodici città italiane, come previsto da un decreto a firma dell’ex ministro dell’Interno Matteo Salvini, e terminata a giugno 2019.
Il taser dovrà essere usato “nel rispetto delle necessarie cautele per la salute e l’incolumità pubblica”, e secondo “principi di precauzione” condivisi con il ministero della Salute: lo dicono le linee guida del dipartimento della Pubblica sicurezza. Inoltre la pistola elettrica andrà “mostrata senza essere impugnata, per far desistere il soggetto dalla condotta in atto”, sparando soltanto se il tentativo fallisce. Secondo il dipartimento la distanza consigliata per un tiro efficace va da un minimo di 3 metri a un massimo di 7, dal momento che le due cartucce sparate rimangono comunque collegate all’arma tramite due fili conduttori; gli agenti dovranno anche “considerare per quanto possibile il contesto dell’intervento e i rischi associati con la caduta della persona” dopo il colpo.
Soddisfazione a metà per il Sindacato autonomo di polizia. Il segretario generale, Stefano Paoloni, da un lato sottolinea che il Sap ha “da sempre sostenuto l’importanza del taser, guardando all’efficacia di questo strumento sia da un punto di vista di sicurezza, sia come deterrente per il malintenzionato”; dall’altro però polemizza: “non è possibile che dopo sei mesi dal termine della fase sperimentale si aspettino ancora delibere formali. È troppo tardi. Se sono questi i tempi con i quali si pensa di affrontare tematiche relative alla sicurezza – conclude – non ci resta che sperare che tutto vada sempre per il meglio”.