PALERMO – I carabinieri indagavano sulla piazza di spaccio a Casteldaccia e sono arrivati nella vicina Bagheria. L’inchiesta della Procura di Palermo, sfociata in dieci arresti, parte dal monitoraggio di una “riunione” per gli affari della droga.
Francesco Castelli, già condannato a 18 anni e 4 mesi in primo grado, aveva incontrato Emanuele Cannata, Daniele Lo Medico e Giovanni Napolitano, tutti e tre arrestati oggi. Era il 23 aprile 2022.
L’obiettivo sarebbe stato imporre a Castelli l’acquisto della droga dal gruppo di Bagheria perché “il paese è del paesano”. Tramite loro “il materiale è garantito”. O con le buone o con le cattive.
“Qui ci sono gli Scaduto”
“Qui ci sono gli Scaduto di Bagheria cugino – diceva Cannata – sangue mio qui si spengono i contatori”. Evidente il riferimento al boss Pino Scaduto, oggi deceduto. Aveva una copertura mafiosa? Castelli ammetteva di essersi rifornito a Palermo e Cannata ribadiva un concetto che forse non era ancora chiaro: “Cugino, loro sono bravi ragazzi ma sono a Palermo e devono restare a Palermo… è come se io andassi a prendere il materiale a Palermo che pensi che non mi vengono a chiamare?”.
Lo Medico si intrometteva nella discussione per spiegare che la catena dello smercio con loro non si era neppure fermata durante il Covid: “In due giorni ho stampato cinquemila euro… con tutti gli spaccini che ci sono a Bagheria”.
Cannata è finito così sotto intercettazione e sarebbe emerso il suo ruolo di capo, nonostante cercasse di schermare le sue conversazione usando il sistema di videochiamata di Facebook.
Centrale della droga a Bagheria
Una palazzina di via Giotto, della disponibilità di Giancarlo Girgenti (un altro degli arrestati), è stata riempita di telecamere. Le immagini hanno confermato che al civico 38 sarebbe organizzata la centrale operativa con tanto di telecamere a circuito chiuso per controllare l’arrivo delle forze dell’ordine. Stratagemma che, evidentemente, non è stato sufficiente.
Nella stessa strada abitava Cannata, sottoposto agli arresti domiciliari nell’ambito di una precedente inchiesta. I carabinieri hanno piazzato una telecamera nel Wi-Fi collegato al braccialetto elettronico. Agli atti dell’inchiesta sono finite le immagini all’interno della casa.
Ci sono alcune parentele da temere in considerazione. Emanuele Cannata è cugino di Giuseppe Cannata, soprannominato il musulmano, e di Onofrio Catalano arrestati per mafia due anni fa. Catalano, durante l’assenza forzata del reggente del mandamento di Bagheria, l’anziano Scaduto, comprava la droga a Palermo.
Uno dei fornitori del gruppo bagherese sarebbe stato Calogero Benigno, originario di Bagheria ma residente a Palermo. È nipote acquisito di Francesco Paolo Lo Iacono, uomo del clan mafioso di Porta Nuova, che nel periodo delle indagini avrebbe fornito a Cannata tre chili di cocaina.
Altro canale di approvvigionamento sarebbe quello dei fratelli bagheresi Ivan e Salvatore Salerno. Da loro Cannata avrebbe comprato la cocaina lavorata e trasformata in crack nella mansarda della casa dove abitava. Oggi il blitz. Il giudice per le indagini preliminari Claudia Rosini ha accolto la richiesta della Procura della Repubblica.

