CATANIA. Università: partono i corsi di genere. “Un bambino, un maestro, una penna e un libro possono cambiare il mondo”, le parole della giovane Malala Yousafzai riecheggiano nell’aula “I” della facoltà di Scienze Politiche. Così si apre la prima lezione del corso interdisciplinare sulle tematiche di genere avviato dall’Università di Catania. Un progetto ambizioso e, per la prima volta, organico che comprende tre dipartimenti (Scienze della Formazione, Scienze politiche e sociali e Scienze umanistiche). Corsi e laboratori, fortemente voluti dai docenti dei tre dipartimenti e dal comitato “Pari Opportunità”, in collaborazione con i delegati del rettore Bianca Maria Lombardo e Antonio Pioletti.
Un’offerta didattica che spazia dalla comunicazione al diritto, dalla medicina al cinema, rivolta a tutti gli studenti dell’Ateneo etneo. Comune denominatore dell’offerta: lo sguardo di genere. La professoressa Graziella Priulla, docente di comunicazione politica, ha tenuto la lezione inaugurale del corso, dedicato proprio a Malala Yousafzai, la ragazza pakistana colpita due anni fa da un colpo di pistola da un talebano mentre si recava a scuola. Una scelta “fortemente simbolica” che la dice lunga sull’importanza che hanno strumenti come la conoscenza e la scolarizzazione nel faticoso percorso di autodeterminazione delle donne. A volte, però, esistono nemici più insidiosi e meno visibili cioè i semi della cultura patriarcale interiorizzati da tanti, troppi maschi.
Come testimonia “il posto occupato”, vicino alla cattedra della professoressa, riservato alla studentessa Stefania Noce. Una sedia e un drappo rosso, un ricordo commosso e una voce di denuncia, per tutte le donne, uccise dalla violenza maschile, che occupavano un posto a teatro, sul tram, a scuola, in metropolitana, nella società. Il boom di adesioni al corso della Professoressa Priulla, circa cento cinquanta, e la presenza in aula di tanti ragazzi di sesso maschile sono già un piccolo, prezioso risultato. E sgombrano il campo da un equivoco: “Il genere è una categoria che vale per entrambi i sessi”. Una costruzione culturale da cui scaturiscono stereotipi e pregiudizi e, in ultima battuta, diseguaglianze e subalternità. Per questo “un bambino, un maestro, una penna e un libro” possono fare la “differenza”.