“Mamma questo non te lo puoi mettere proprio… Hai la pancia… Dovresti dimagrire!”. Esordisci così mentre io vorrei sprofondare nel centro della terra, sfondando il marmo del negozio del centro commerciale per nascondermi davanti alla commessa che mi guarda con pena e si trattiene anche se vorrebbe far partire l’applauso e la ola insieme.
Ti lancio un’occhiata furibonda mentre usciamo, io con la coda fra le gambe e tu come se nulla fosse mentre mi dici, “questo negozio non fa per te!” e mi prendi per mano trascinandomi quasi a consolarmi. Ma non ero io a trascinarti una volta?
Così, senza mezze misure, senza filtri – che quelli invece li sai usare bene nello smartphone – perché la durezza e la spontaneità delle figlie/piccole donne in piena esplosione ormonale nella fase pre-adolescenziale verso le mamme è a dir poco spietata, disarmante, manco la tipa del ‘Diavolo veste Prada’.
Sì perché le figlie non ci sono, ma ci fanno, e dunque non ti risparmiano le critiche, sono così, per loro o è tutto bianco o è tutto nero, dicono quello che pensano, il consiglio non lo vogliono e se anche te lo chiedono è solo per farti contenta, tanto comunque non lo seguiranno.
Bella storia per noi mamme! E a proposito… mentre scrivo faccio un passo indietro, un salto di sei anni e rileggo quella lettera che scrissi nel 2013, quando la mia piccola aveva sei anni e me lo ricordo bene che piangevo mentre scrivevo. Oggi sorrido mentre la rileggo e ne scrivo un’altra pensando di avere superato quella fase durissima e bellissima insieme, e di essere soprattutto ‘sopravvissuta’. Adesso mia figlia ha il doppio di quegli anni e io il doppio dei capelli bianchi (ma per fortuna c’è la tinta). Tante domande hanno trovato risposte, tante insicurezze hanno incontrato stabilità, tanti dubbi sono stati colmati dall’amore e dalla pazienza (tanta), ma ancora tanti punti interrogativi si affacciano dalla sua porta, e sono domande difficili, che le favole non bastano a sanare, e non c’è Peppa Pig o Hansel e Gretel che possano venirmi in aiuto; e succede pure che mi prende un coccolone quando sento: ‘mamma devo chiederti una cosa’…
Le curiosità crescono con la sua altezza, la voglia di conoscere il mondo per capirlo, ma soprattutto la voglia di conoscere sé stessa – passaggio complicato ma dovuto – che poi là fuori è una giungla e devi essere attrezzata per viverci con pochi mezzi e in qualsiasi condizione. Ma oggi le domande, in quanto mamma me le faccio pure io: “ho fatto e sto facendo bene? Dove sto sbagliando se sto sbagliando? Cosa devo fare?”. Non ci sono corsi né manuali, c’è la vita, il quotidiano con tutti i suoli limiti, le ansie, gli ostacoli e chi ne ha più ne metta.
Ci vuole coraggio, ammettiamolo mamme (e papà pure) e ci vuole pure tanta calma e sangue freddo! E un calice di prosecco freddo ogni tanto… Chissà, le risposte le avrò, le avremo forse un giorno o forse mai. E a volte mi pento se sono rigida, se la riprendo con vigore, se la metto in guardia anche da sé, dai suoi limiti o dalle sue debolezze, come si dice ‘è uno sporco lavoro, ma qualcuno lo deve pur fare’. E io devo. ‘Non sono tua amica, sono innanzitutto tua madre’, ripeto sempre e soprattutto ripeto a me stessa.
Sei anni fa, caspita, se mi guardo indietro, mi sembra una vita, ed in effetti un pezzo di vita vissuta con chi la vita me l’ha cambiata. La guardo sempre, come allora, con la stessa tenerezza e con orgoglio per ogni successo, per ogni passo conquistato, ma insieme alla paura di perderla ogni giorno di più che diventa grande. E se le chiedo ‘come è andata oggi!? ‘Bene’ risponde: una risposta che va bene per ogni domanda, perché quando si tratta di conversazione con gli adolescenti il consiglio è: mai cercarla, mai pretenderla o sollecitarla se non è giornata. Le conseguenze possono essere nefaste. Arriverà il momento dell’outing, quando meno te lo aspetti (ovviamente nel peggiore momento) fosse anche attraverso una lunga cronologia di chat su WhatsApp.
E va detto, è dura quando sei una ragazzina che vive e convive con il suo telefono come fosse una protuberanza, come la cosa più cara al mondo, il filo che ti unisce all’esterno, alle amiche, ai compagni, alla realtà che ancora fa paura e che è meglio vivere virtualmente, una ragazzina che mi parla per monosillabi o abbreviazioni ‘ora faccio ita e poi mat’, che vuole sempre e comunque l’ultima parola (ma quella l’aveva pure a sei anni), ma che poi – grazie al Cielo – cerca sempre e comunque la coccola, l’abbraccio, la cura, l’attenzione e che mi dice “come farei senza di te?”
E io sono qua, ci sono sempre, sto lì a guardarla mentre cammina, inciampa, cade e si rialza, con il magone che non mi lascia mai ma che so devo mettere da parte e ignorare perché prima viene ‘la sua vita’ e poi ‘la mia ansia’.
Me la ricordo bene la mia di adolescenza, quante domande, ribellioni, litigi, prese di posizione e lei non è diversa, ha carattere e lo tira fuori, contesta, punta i piedi, non vuole essere ripresa mentre la guardo occhi negli occhi che è pure più alta di me, e la cosa finisce per imbarazzare solo me. E poi divento pazza, davanti alla frase “mi sto annoiando” perché tra le mani non tiene un dispositivo e mi chiede ‘ma voi come facevate da piccoli senza tablet o pc?’.
Ecco, è lì che mentre le offro una spiegazione mi cade il latte alle ginocchia; mi sento vinta e spiazzata come un’intera generazione di genitori che vivono, lavorano e respirano (sbagliando) per rendere felici i figli, mentre i miei bisnonni si preoccupavano di dare da mangiare ai loro e i miei nonni da studiare, noi invece ci preoccupiamo di renderli felici. Illusi che siamo!
Ed è qui che falliamo, in partenza, perché la felicità è la loro, è solo opera loro, ma forse lo facciamo per vincere i sensi di colpa di chi passa parte delle giornate al lavoro e il resto magari con in mano uno smartphone per chattare, distrarsi e farsi i fatti degli altri. E io la guardo, mentre lei non lo fa mai allo specchio; ancora non si riconosce, non si piace, non si accetta, ma questo fa parte del suo tempo e, guardandola spero che sarà migliore di me – e non come me – che sarà comunque se stessa, per stare là fuori dove oggi per uscire cerca ancora la mia mano anche se mi dice che le scoccia quando a prendergliela sono io. Sì, direi proprio Auguri a noi mamme! Perché in fondo ne abbiamo bisogno. Tanto bisogno.