CATANIA – Ancora contrasti intorno al progetto, approvato dalla giunta comunale di Acireale, di realizzazione di una barriera sottomarina per proteggere la costa sotto la Timpa. Non solo da parte degli ambientalisti. L’importanza rivestita dai fondali in cui si intende realizzare la struttura è infatti attestata anche da numerosi studi scientifici esistenti sull’area, che secondo gli ambientalisti, non sarebbero stati tenuti in considerazione in sede di valutazione da parte dell’Assessorato al Territorio e Ambiente della Regione siciliana, dato il giudizio positivo di compatibilità ambientale dell’intervento.
A non essere stato preso nelle dovute considerazioni, secondo Legambiente Catania, è in particolare lo studio effettuato da ricercatori del Dipartimento di Botanica dell’Università degli Studi etnea, Marcello Catra, Thalassia Giaccone, Simona Giardina e Andrea Nicastro, dal titolo “Il patrimonio marino bentonico della Timpa di Acireale”. Un focus sull’importanza dell’area, non solo la parte sommersa ma anche quella emersa, minacciata dal progetto di realizzazione della barriera soffolta. Nello studi si evidenzia, tra le altre cose, la presenza, nei fondali antistanti la riserva “La Timpa”, di ben 269 taxa tra Rhodophyceae, Phaeophyceae, e Clorophyceae, tra cui la presenza di 4 specie a rischio o minacciate sottoposte a vincoli di protezione dalla normativa internazionale e nazionale e che ha permesso di censire 6 habitat prioritari secondo la disciplina comunitaria nei fondali della Timpa.
“I fondali sommersi hanno grande interesse naturalistico sia per le formazioni vulcaniche, sia per la biodiversità degli organismi bentonici che vi formano biocenosi ben strutturate” – scrivono gli autori nel documento che risale agli anni in cui il sistema di barriere che dovrebbe contrastare l’erosione della Timpa è stato approvato e finanziato. “Lo stato delle conoscenze sulla geologia e sulla biodiversità vegetale insediata sulle formazioni vulcaniche della Timpa – aggiungono – giustifica la ricerca realizzata nell’ambiente sommerso, la cui peculiarità consiste nel fatto di essere uno dei pochi tratti di mare ad elevata naturalità, presenti nella fascia costiera della Sicilia Orientale (Provincia di Catania) ampiamente urbanizzata e soggetta a forte pressione antropica”.
Da qui il suggerimento di tutelare l’area proprio per salvaguardare le caratteristiche uniche di circa 40 chilometri di cost, diventati tra l’altro Sic, ovvero sito di interesse comunitario. Suggerimento, però, non raccolto e oggi, di fronte all’ipotesi della barriera soffolta, ancora più difficile da realizzare. Come conferma Legambiente. “L’intervento – incalza Roberto De Pietro, dell’associazione etnea – comporterà il definitivo sconvolgimento dell’assetto naturale dei fondali, la cui bellezza è impreziosita anche da basalti colonnari sommersi e, inoltre, causerebbe un’alterazione della circolazione delle correnti marine (influenzata su tali fondali dalla presenza di sorgenti di acque dolci), che potrebbe compromettere in modo irreversibile qualunque possibilità di ripresa della vegetazione marina, quanto meno nelle stesse condizioni attuali”.
Insomma, in caso di realizzazione della barriera, non solo si potrebbero perdere tutte le caratteristiche che fanno dell’area antistante la Timpa un ambiente secondo gli esperti da tutelare, ma impedirebbe qualsiasi azione in questo senso, anche in futuro. “È evidente che la possibilità di sottoporre a tutela questo tratto di costa, come suggerito dagli studi sulla flora e sulla fauna – aggiunge De Pietro – sarebbe irrimediabilmente compromessa qualora i fondali fossero sconvolti e definitivamente deturpati dalla realizzazione della barriera soffolta”.
Ma i dubbi non riguardano solo la tutela dell’ambiente. L’intervento voluto per contenere l’erosione della costa e della Timpa, infatti, potrebbe essere inutile. Come conferma in uno studio del 2008, il professor Pietro Giuliano Cannata, docente di pianificazione dei bacini dell’Università degli studi di Siena. Secondo Cannata, la barriera soffolta – da progetto lunga 217 metri – da realizzare a circa 30 metri dalla costa, interesserebbe i fondali della Timpa di Acireale che però, secondo il docente, “costituiscono un’entità geomorfologicamente attiva sia dal punto di vista morfodinamico che geodinamico, pertanto gli interventi umani diretti al suo consolidamento risulteranno sui tempi lunghi inutili”.
Per il docente, la barriera che dovrebbe avere il compito di ritardare i fenomeno di disgregazione operanti sulla scarpata, potrebbe non servire a nulla. “Va osservato – scrive Cannata – che gli effetti di smorzamento dell’azione meccanica dovuta all’infrangersi delle onde sulla falesia, risultano particolarmente efficaci in condizioni di moto ondoso moderato, mentre lo sarebbero di meno in condizioni di moto ondoso elevato in quanto, in tal caso, le dimensioni e l’energia delle onde sarebbero tali da superare agevolmente la barriera”.
Insomma, non solo l’intervento previsto e approvato dalla giunta di Acireale, sarebbe altamente invasivo nei confronti della biodiversità della zona ma, a lungo andare, potrebbe risultare addirittura inutile.