Fin da bambini a scuola viene insegnato che la distanza più breve tra due punti è solo una: la retta. Basta seguire quella strada e il percorso, inevitabilmente, condurrà dal punto A al punto B. Non si scappa. Quella è, e quella deve essere. Di conseguenza chi dice A non dice B, e chi dice B non dice A. Eppure, osservando a bocce ferme questa nuova, convulsa, giornata vissuta dal primo inquilino di Palazzo D’Orleans, pare proprio che anche gli afecionados delle più elementari leggi algebriche, in Sicilia, non possano proprio concedersi sonni tranquilli.
Ma cominciamo dall’inizio. Questa mattina il quotidiano La Repubblica, quello che due giorni fa era il nemico numero uno, l’inquisitore, di Lombardo, ne diventa megafono riportando un’intervista in cui il governatore conferma di sapere da tempo dell’esistenza di un piano per colpirlo “politicamente e mediaticamente”. Nell’articolo, Lombardo conferma di “essere stato bersaglio di due fughe di notizie: una sull’esistenza dell’inchiesta, e una sulla richiesta d’arresto”. Parole dure, che anticipano il “montante”, anzi il “gancio destro” del presidente della Regione: “Qualche procuratore – dice al suo intervistatore – sta offrendo assist alla ricomposizione del Pdl in Sicilia, risolvendo una grana non da poco a beneficio di Silvio Berlusconi”. A completare il ko, però, è un’altra intervista, questa volta rilasciata a Il Fatto Quotidiano, in cui Lombardo si spinge oltre, facendo nome e cogonome di chi vorrebbe incastrarlo: “Il sostituto procuratore Giuseppe Gennaro, che mira a diventare procuratore capo di Catania, sta offrendo ad Alfano la mia testa su un piatto di vile metallo”.
La Procura di Catania subisce il colpo, e per bocca del suo capo, Vincenzo D’Agata (quello che avrebbe sulla sua scrivania la richiesta di arresto per Lombardo), assicura “grande armonia tra tutti i magistrati. I miei sostituti – dichiara D’Agata – operano in un clima tranquillo e di assoluta fiducia, scevro da qualsiasi condizionamento e con l’esclusiva finalità di accertare la verità e riaffermare la legalità se violata”.
A questo punto a bagnare le polveri, almeno in parte, è ancora un comunicato. Questa volta della presidenza della Regione, con cui il governatore precisa, smentendo l’articolo di Repubblica, “di avere semplicemente riferito che qualora venisse rimossa ‘l’anomalia siciliana’ e dovessero cadere il Governo e l’Assemblea Regionale Siciliana, si aprirebbe fatalmente la strada verso elezioni politiche anticipate”. Nessun riferimento al premier dunque. No, “non c’era assolutamente alcun riferimento alla figura del presidente Berlusconi quale ‘mandante’ delle inchieste e degli attacchi mediatico-giudiziari di cui sono bersaglio”.
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