PALERMO – Il lavoro di Giusto Catania è sperimentato, discusso e valutato ogni giorno da tutti i palermitani. Partito nel 2012 come assessore alla partecipazione, due anni dopo Catania viene spostato da Orlando alla mobilità, con il compito di gestire il traffico di una delle città più intasate d’Italia. Una responsabilità che Catania ha interpretato seguendo la strada tracciata dal suo sindaco e focalizzando su una visione di città ecologica, anche se spesso la realtà, fatta di cantieri che spuntavano dappertutto e di una scarsa propensione dei cittadini ad abbandonare le auto, si è messa di mezzo.
Catania inizia, all’indomani delle elezioni del 2012, con le deleghe alla partecipazione e al decentramento. I primi tempi del suo mandato furono legati soprattutto ai town meeting, assemblee in cui i cittadini si riunivano per esprimere il proprio parere su questioni che li riguardavano, di cui Catania rivendica la primogenitura a Palermo. Sotto la direzione di Catania, inoltre, il comune di Palermo ha fatto partire un nuovo sito su cui è possibile accedere a tutti i dati prodotti dall’amministrazione. Tutte cose a cui l’assessore dà un peso importante: “È stato proprio grazie a questi strumenti di partecipazione e dialogo con la cittadinanza che è stato possibile prendere iniziative come Palermo città dei giovani e capitale della cultura”.
È nel 2014 però, con la nomina ad assessore alla Mobilità, che Giusto Catania entra letteralmente nella vita quotidiana di tutti i palermitani. Chiamato a organizzare il traffico di una città che, secondo i dati del Tom Tom traffic Index, è la più trafficata d’italia, il suo esordio non è dei più felici, con la pedonalizzazione della Favorita su cui è costretto a fare una precipitosa marcia indietro. Ma le zone pedonali rimangono una stella fissa dell’amministrazione Orlando, di cui Catania si fa interprete ribadendo una visione di città verde, dall’aria pulita e la mobilità sostenibile basata sui mezzi pubblici. Quando via Maqueda passa a zona pedonale Catania proclama che la via non è chiusa, ma aperta: ai cittadini, all’aria pulita, a chi vuole godere la città. Un’impronta che non abbandonerà neanche per altre iniziative come il percorso arabo-normanno, la zona a traffico limitato nel centro di Palermo, l’ampliamento della rete tramviaria e il forte impulso dato ai trasporti alternativi, con l’ampliamento delle piste ciclabili e l’adozione del car sharing.
“Abbiamo fatto delle cose straordinarie per Palermo ma ordinarie per qualsiasi altro posto”. Catania difende le sue scelte e non ha problemi ad ammettere che non tutto è stato risolto. Ma, sostiene, quando le grandi città italiane parlavano di mobilità sostenibile, a Palermo si preferiva riempire ogni angolo di cemento: “In tre anni abbiamo dovuto recuperare un ritardo di quarant’anni, è ovvio che non tutto ha sempre funzionato. Abbiamo dovuto fare anche un’operazione culturale, per convincere le persone che usare i mezzi pubblici e avere le zone chiuse conviene a tutti”.
Di fronte all’idea di città nuova, pulita e partecipata dal basso, in effetti, molti cittadini hanno manifestato forti dissensi. Soprattutto ai tempi dell’approvazione della Ztl, quando Catania fu accusato di una scarsa propensione al dialogo: proprio lui, l’assessore dell’apertura e della partecipazione. “Ma noi abbiamo fatto tantissimi incontri e abbiamo cambiato le cose in corso d’opera– dice Catania in proposito – il problema è che a volte non è chiaro che dialogare significa confrontare le proprie opinioni ed essere disponibili a cambiarle. Invece molti arrivavano semplicemente per dire no”.
Che città lascia Giusto Catania, quindi? “No, non voglio sentire parlare di lasciare. Semmai voglio raddoppiare”. L’idea è continuare sull’onda seguita finora, investendo sulla rete tramviaria, sulle piste ciclabili e sull’infomobilità. Un percorso che Catania vive come obbligato per difendere la sua visione: “Non è che vogliamo farlo: dobbiamo, visti i dati sul traffico di Palermo. Ho orrore all’idea che qualcuno riapra via Maqueda o abbandoni il tram”.