PALERMO – Secondo “round” dell’udienza preliminare del processo sulla trattativa Stato-mafia. Il giudice Piergiorgio Morosini, in un’udienza fiume durata dalle 9 di mattina fino in serata, con una pausa fra le 12 e le 15, ha sciolto i primi nodi legati, soprattutto, alle questioni procedurali. A farla da padrone, in questa, fase è infatti il codice. E arrivano le prime decisioni sulle posizioni di Nicola Mancino e la costituzione delle parti civili.
L’ex vicepresidente del Csm aveva chiesto lo stralcio della sua posizione. Mancino, infatti, è accusato di falsa testimonianza e, secondo la sua difesa, non ci sarebbe connessione con quanto contestato a tutti gli altri imputati: i mafiosi Riina, Provenzano Cinà e Brusca; gli ufficiali del Ros Subranni, Mori e De Donno; i politici Calogero Mannino e Marcello Dell’Utri. Sono tutti accusati di minaccia a corpo politico dello Stato, ad esclusione di Massimo Ciancimino a cui si contesta il concorso esterno e la calunnia. Il giudice ha respinto la richiesta di Mancino in considerazione del fatto che le parti potrebbero fare altre questioni procedurali e che non è escluso che siano acquisite nuove prove a suo carico. Resta invece sospesa la questione di competenza. All’epoca dei fatti oggetto del processo, infatti, Mancino svolgeva la funzione di ministro per cui, secondo i suoi legali, spetterebbe al tribunale dei Ministri giudicarlo. In ogni caso il gup ha rigettato tutte le costituzioni di parte civile contro Mancino.
Proprio sulle “parti lese” è stata data la prima pronuncia definitiva del processo. Morosini ha ammesso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, il partito di Rifondazione Comunista, il Comune di Palermo, il Centro studi Pio La Torre, l’ex capo della polizia Gianni De Gennaro (ai danni di Massimo Ciancimino), i familiari dell’ex eurodeputato Salvo Lima (considerato la prima vittima illustre della trattativa), il sindacato di polizia Coisp e il movimento Agende Rosse rappresentato da Salvatore Borsellino. Proprio il fratello del giudice ucciso in via D’Amelio – in qualità di vittima di mafia – è stato l’escluso “eccellente”. Ma lui, a Livesicilia, dichiara di essere comunque “felice di essere stato ammesso come movimento delle agende rosse. Mio fratello ormai non me lo ridarà indietro nessuno – dice – ma lì dovevano esserci tutti gli italiani. Quelli che non si arrendono e lottano per la verità e la giustizia sono stati ammessi”. Fuori dalla porta restano anche l’associazione antiracket di Marsala e Antonio Vullo, unico superstite della strage di via D’Amelio. Non c’è “un nesso causale diretto e immediato” secondo il giudice tra il reato contestato agli imputati – in larga parte si tratta di minaccia a corpo politico dello Stato – e quanto patito per la morte dei familiari.
Le prossime udienze sono state programmate per il 20, 22, 27 e 29 novembre prossimi. Le difese annunciano battaglia e hanno già depositato memorie difensive con nuove questioni procedurali come quella sostenuta da Calogero Mannino, secondo cui il foro di competenza sarebbe quello romano.