PALERMO – Undici agosto. Un quarto d’ora dopo mezzogiorno. Il giornalista Mario Barresi arriva al Palazzo di giustizia di Palermo per essere ascoltato dai magistrati. Nuova puntata della spy story.
‘L’intercettazione fantasma’ della conversazione dello scandalo fra Tutino e Crocetta sposta le vacanze del procuratore Franco Lo Voi e dell’aggiunto Leonardo Agueci. Al capo dei pm e al suo vice non si può certo rimproverare l’abnegazione. Il loro impegno agostano dimostra quanto delicata sia la faccenda. In ballo c’è la credibilità del governatore e prima ancora, non ce ne voglia Rosario Crocetta, del sistema giudiziario e di quello dell’informazione. Il chirurgo plastico Matteo Tutino e medico personale di Crocetta ha pronunciato la frase su Lucia Borsellino (“va fatta saltare come il padre”) senza suscitare reazione alcuna nel presidente della Regione rimasto in colpevole silenzio? Ormai da quasi un mese, l’articolo de L’Espresso è del 18 luglio scorso, i vertici della Procura sono impegnati in prima persona. Dopo avere smentito l’esistenza dell’intercettazione agli atti dell’ufficio, Lo Voi e Agueci stanno cercando di arrivare alla radice della questione. E hanno blindato le indagini, come dimostra il fatto di essersi affidati ai carabinieri della sezione di polizia giudiziaria della Procura. Militari che rispondono, solo ed esclusivamente, al procuratore della Repubblica. Lo stesso Agueci era stato incaricato di salire su un aereo per attendere il rientro dalle ferie di un ufficiale del Nas a cui chiedere conto e ragione della vicenda. Segni che Lo Voi ha capito di essere finito in un terreno minato, dove serve massima attenzione.
Siamo di fronte ad un’intercettazione pirata perché non autorizzata da alcuna autorità giudiziaria? Se la risposta è sì allora ci si deve chiedere chi e perché l’abbia registrata. L’Espresso ha sempre difeso il lavoro dei due cronisti finiti sotto inchiesta per pubblicazione di notizia falsa e uno dei due anche per calunnia, sostenendo che abbiano sentito con le loro orecchie, grazie ad una fonte investigativa, la frase sulla necessità di “fare fuori” Lucia Borsellino, pronunciata mesi prima dell’arresto del medico, quando cioè le registrazione erano ancora segrete. Poi, la stessa fonte, a poche ore dall’arreso del primario, li avrebbe ricontattati scandendo parola per parola la frase “Lucia va fatta fiori come il padre”, seguita dal silenzio di Crocetta.
Gli interrogativi sono parecchi e la Procura si spinge fino a quelli estremi: si è trattato di una bufala, di una “polpetta avvelenata” oppure c’è una forza extra giudiziaria e dunque privata che si è servita di un metodo tipicamente giudiziario come l’intercettazione e poi ne ha parlato con i cronisti del settimanale? Ed ancora: la frase fu davvero pronunciata ma mai trascritta e consegnata ai magistrati per chissà quale ragione occulta?
L’impressione è che al Palazzo abbiano le idee piuttosto chiare su come siano andati i fatti e gli interrogatori di questi giorni servirebbero per dare forza ad un’ipotesi investigativa già ben delineata. I magistrati, ai quali è giunta una dettagliata memoria difensiva dei due giornalisti indagati, hanno fretta di chiudere il caso per concentrarsi, da settembre, sull’indagine madre, quella che sta scandagliando la gestione del reparto diretto ad Tutino e dell’intera azienda sanitaria sotto l’egida dell’ex commissario Giacomo Sampieri. Non è tutto perché c’è anche l’indagine sulle presunte calunnie di Tutino. Il medico del governatore aveva puntato il dito contro un collega, ma il giudice archiviò l’indagine definendo strampalate le sue accuse zeppe di nomi e circostanze.
Il fascicolo, o meglio i fascicoli sono contenitori pieni di documenti e intercettazioni, alcune delle quali conterebbero veementi attacchi di Tutino contro presunti nemici oppure ex amici che gli avevano voltato le spalle. Presto tutti dialoghi potrebbero essere integralmente a disposizione delle parti.
Negli ultimi giorni il piano giudiziario dell’inchiesta si è intrecciato con quello politico. E la conferma arriva dall’audizione di Barresi, il giornalista de La Sicilia che per primo aveva scritto dei rumors sull’intercettazione. In ambienti politici era piuttosto facile, per la verità, imbattersi nella voce che circolava con insistenza e cioè che nei dialoghi intercettati si parlasse della Borsellino come di un personaggio che andava fatto fuori. Politicamente, però. Il deputato regionale del Pd, Pippo Di Giacomo, presidente della commissione Sanità dell’Ars, dichiarò pubblicamente che la voce era arrivata pure alle sue orecchie. Poi, lo disse anche Barresi nel corso di un’intervista. Qualche settimana prima che l’Espresso attribuisse a Tutino la frase sulla Borsellino che andava “fatta fuori”, aggiungendo “come suo padre” e sottolineando il silenzio di Crocetta. A questo punto appare scontato che dopo Barresi potrebbe essere sentito lo stesso Di Giacomo.