"Tutta colpa dei Berluschini | se il centrodestra è in crisi" - Live Sicilia

“Tutta colpa dei Berluschini | se il centrodestra è in crisi”

Giuseppe Catania

E' davvero tutto finito? Il berlusconismo è tramontato dopo la sentenza Mediaset? Chissà. Intanto, uno che c'era racconta come è andata. E spiega perché, secondo lui, è andata proprio maluccio.

Dialogo con Giuseppe Catania
di
6 min di lettura

PALERMO- “Andavamo ad Arcore. Lui ci faceva vedere la pasta tricolore, i gagliardetti, i gadget. Alla fine della serata pensavamo ad alta voce: stavolta Berlusconi è impazzito. Alberto Dell’Utri diceva: i pazzi siete voi. Questo qua ha capito tutto. Vedrete”. La voce narrante appartiene a Giuseppe Catania, uno della prima ora tra i costruttori di Forza Italia. Uno che, negli anni ruggenti, selezionava la classe dirigente nell’area orientale della Sicilia. Il titolare del regno occidentale era Gianfranco Miccichè, proconsole di Silvio. Erano l’alfa e l’omega del verbo nascente. Decidevano loro chi fosse candidabile e chi non. Chi avrebbe goduto del privilegio di cambiare vita, accedendo a un rango differente di reddito e visibilità sociale.

Ora che il sole berlusconiano declina, almeno così parrebbe, Giuseppe, già Publitalia, ex deputato e primo coordinatore forzista, imprenditore, amico mai pentito di Marcello Dell’Utri, squaderna un’epoca, mentre, al ristorante, servono l’antipasto. Il cibo buono è un ottimo viatico per la memoria e per le storie. E qui si racconta una storia che offre la traccia di un diagramma tra ieri e oggi. Un lungo percorso che rimane ampio, nonostante la sintesi, e che andrà riletto con maggiore pacatezza, prima o poi. Ma non si tratta di un amarcord, nelle intenzioni della voce narrante. Non è l’offerta votiva delle lacrime di una vedova. Infatti si spende addirittura un nome siciliano per la vagheggiata ‘rinascita futura’.

Catania, come fu che tutto ebbe inizio, secondo lei?
“C’erano le premesse per un governo della sinistra nel ’94. L’Italia moderata non aveva spazio, né rappresentanza. Un imprenditore milanese, tale Silvio Berlusconi, capì che era giunto il momento di scendere in campo. E anche Marcello Dell’Utri fu prontissimo a capirlo e a mobilitare la sua Publitalia nel verso opportuno. Gli altri mostravano scetticismo”.

Anche lei?
“Anche noi. Andavamo ad Arcore. Berlusconi tirava fuori i gadget, l’armamentario del marketing e ci spiegava la sua visione. In separata sede, lo prendevamo per pazzo. Marcello Dell’Utri, invece, aveva un quadro chiaro. E pure suo fratello Alberto”.

Una visione.
“E i sondaggi di Gianni Pilo. La vera linfa. In quel frangente, tuttavia, ci toglievano ogni dubbio circa l’insuccesso che ritenevamo sicuro”.

Perché?
“Pilo aveva la fama di non azzeccarne una. Se ti diceva di andare di qua, era consigliabile prendere la direzione opposta”.

E invece, appunto…
“Invece avevano ragione loro. Berlusconi, Marcello, Alberto…”.

E Gianni.
“Sì, Pilo”.

Altri tempi rispetto alla decadenza attuale.
“Piano, Berlusconi non è mica finito”.

Parrebbe di sì.
“Sarebbe uno sbaglio considerarlo vinto, con la sentenza della Cassazione. Lui riesce a dare il meglio soprattutto in situazioni complicate”.

D’accordo, però qualche difficoltà – per usare un eufemismo – è innegabile. In Sicilia, l’antico granaio, il centrodestra va a ramengo.
“Colpa dell’errore genetico, all’alba del viaggio”.

Quale errore genetico?
“L’avere dato spazio a persone e candidature rispettabili, perbene, ma inadatte alla politica. Sono sbagli che si pagano. Forza Italia l’ha pagata. Il Pdl la sta pagando”.

Si intuisce che lei non sia favorevole al progetto di rilancio del vecchio marchio forzista così come viene presentato.
“Chissà, con le persone giuste si potrebbe tentare di riprendere i fili del discorso, per aggregare quanti hanno coltivato e coltivano la speranza”.

La persona giusta sarebbe?
“In Sicilia potrebbe tentare Renato Schifani. Forse l’unico abilitato a provarci sul serio”.

Stop a Marina Berlusconi?
Assolutamente no. Marina è una donna intelligente, grande imprenditrice, poco incline alle mediazioni e ai tradimenti della politica. E proprio perche la conosco bene le darei un consiglio: non subito in pista, casomai, dopo la riforma della giustizia”.

Torniamo all’avvio.
“Senza politici non si arriva lontano. Eppure il nostro marketing lo esigeva. Niente politicanti, Solo illibatissimi Signori Nessuno”.

Qualcuno del mestiere sarà venuto a bussare alla sua porta.
“Certo. Ho dovuto dire di no a Raffaele Lombardo, un uomo di sostanza. E a tanti. Avrei voluto candidare il figlio di Totò D’Alia, Gianpiero. Non mi sbagliavo”.

Davvero erano tutti digiuni e inesperti di cose di Parlamento e di Governo? Lo sono ancora?
“Ora, per esempio, c’è Angelino. Lui la politica la sa fare. E’ pur vero che non ha la stoffa del leader”.

Perché l’ex terra del celebrato sessantuno a zero ha sputacchiato via il centrodestra come un nocciolo?
“Perché non esiste una classe dirigente. Passano il tempo a litigare. Lei ha notato qualcuno che faccia un’opposizione seria a Crocetta?”.

E lei?
“Non c’è. Si dividono. Fanno a botte. E perdono”.

Poiché l’ha frequentato, soddisfi una curiosità: com’è Berlusconi a tu per tu?
“Un capo dotato di grande carisma, in grado di infiammare chiunque e di inquadrarti con un’occhiata”.

E adesso come le vede?
“Colpito, sinceramente deluso da quello che è successo. Combattivo, ma stanco”.

I soliti giudici comunisti.
“Lei è di sinistra?”

Prego, giornalista.
“Ciò che accade ce l’abbiamo sotto gli occhi. Se vuoi fregare qualcuno, scava e scava, dopo vent’anni ci riesci, no? E poi per frode fiscale. E’ quasi offensivo, non all’altezza del personaggio”.

Anche Dell’Utri…
“Io sono amico di Marcello. Le posso giurare che non è come lo descrivono”.

E com’è?
“Pure lui dotato di carisma. Ha compreso subito il progetto di Berlusconi e dove si andava a parare. Una persona vera, Marcello. Lo ripete sempre che la politica è fatta per i traditori. E di traditori ce ne sono stati tanti”.

Berlusconi, le sentenze e i giudici. Dell’Utri, le sentenze e i giudici. Coincidenze?
“Non è come la disegnano. Marcello non si è mai permesso una pressione indebita nei miei confronti. Non ha mai avuto loschi personaggi da proteggere. Se fosse mafioso, avrebbe certe amicizie”.

Non solo Dell’Utri. Gianfranco Miccichè è un suo amico.
“Non ha la diplomazia, né la tendenza al compromesso. Gianfranco è il campione delle verità scomode. Per questo coraggio, sta antipatico a molti”.

Il più grande errore di Berlusconi?
“Non ha riformato la giustizia, quando poteva”.

Il più grande errore del Pdl?
“E’ rimasto un contenitore di identità antitetiche. Non c’è stata politica, a parte l’adesione al verbo del capo. Il Pdl non è stato rovinato da Berlusconi, ma dai Berluschini. Gente di taglia inferiore che si è messa a dettare legge”.

Giuseppe Catania ci ha creduto?
“Sì, ci ho creduto. Era come un gioco. Poi abbiamo capito che si faceva sul serio. Tra litigi, candidati impresentabili e scontri si è consumato un patrimonio, col sogno di Berlusconi di creare un partito popolare”.

Si sente un reduce, ritiene di avere una porzione di colpa?
“Io ho avuto fede, dopo lo scetticismo del principio, da quando giravamo i provini con chi veniva a trovarci, per vedere se sapeva parlare in pubblico”.

Moltissimi.
“Pochissimi. Infatti li abbiamo scelti. Tutti, purtroppo”.

Questo le brucia ancora.
“Si parlava di errori. E’ stato il mio più grande sbaglio: portare in alto gente assurda che, dal giorno dopo l’elezione, nemmeno salutava più. Era facile essere premiati sotto le bandiere di Silvio”.

Era così semplice?
“Sarebbe diventato senatore perfino Flic”.

Flic?
“Il mio cane”.

 

 

 

 


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