Tutte le accuse dei magistrati - Live Sicilia

Tutte le accuse dei magistrati

Dossier Romano
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L’atto con cui i pm hanno chiesto il suo rinvio a giudizio per concorso in associazione mafiosa è lungo una paginetta, ma la mole di carte che formano il fascicolo di indagine sul ministro dell’Agricoltura Saverio Romano è ben più pesante. E va crescendo mano a mano che il pentito Stefano Lo Verso, ultimo dei collaboratori di giustizia a parlare del politico dei Responsabili, aggiunge tasselli al mosaico di indizi che, per la Procura di Palermo, proverebbero la vicinanza del ministro alle cosche per oltre 20 anni. “Costretti” dal provvedimento di imputazione coatta del rigetto della richiesta di archiviazione del gip a formulare le accuse – in un primo tempo i pm ritenevano di non aver elementi sufficienti a sostenere l’accusa in giudizio – i magistrati contestano a Romano di avere “nella sua veste di esponente politico di spicco, prima della Dc e poi del Ccd e Cdu e, dopo il 13 maggio 2001, di parlamentare nazionale, consapevolmente e fattivamente contribuito al sostegno ed al rafforzamento dell’associazione mafiosa, intrattenendo, anche al fine dell’acquisizione del sostegno elettorale, rapporti diretti o mediati con numerosi esponenti di spicco dell’organizzazione tra i quali Angelo Siino, Giuseppe Guttadauro, Domenico Miceli, Antonino Mandalà e Francesco Campanella”. Secondo il Pm, inoltre, il ministro avrebbe “messo a disposizione di Cosa nostra il proprio ruolo, contribuendo alla realizzazione del programma criminoso dell’organizzazione tendente all’acquisizione di poteri di influenza sull’operato di organismi politici e amministrativi”.

In particolare, nella richiesta il Pm Di Matteo fa cenno all’interessamento di Romano a candidare, su input del boss Guttadauro, Mimmo Miceli, poi condannato per mafia, alle regionali del 2001. E ancora, insieme all’ex governatore siciliano Totò Cuffaro, in carcere per favoreggiamento aggravato, avrebbe assecondato le richieste del capomafia Nino Mandalà (ieri condannato a 8 anni in appello) inserendo Giuseppe Acanto nelle liste dei candidati del Biancofiore per le regionali del 2001, “nella consapevolezza di esaudire desideri di Mandalà e, più in generale, della famiglia mafiosa di Villabate”. Accuse ribadite da diversi pentiti come l’ex presidente del consiglio comunale di Villabate Francesco Campanella e recentemente da Stefano Lo Verso, che racconta di aver saputo proprio da Mandalà dei legami tra la cosca e Romano. Sulla richiesta di rinvio a giudizio il gip Fernando Sestito si pronuncerà il 25 ottobre, mentre il 3 ottobre un altro giudice, Piergiorgio Morosini, deciderà se trasmettere alla Camera la richiesta di autorizzazione all’uso delle intercettazioni disposte nelll’ambito di un’altra indagine a carico del ministro: quella che lo vede accusato di corruzione aggravata dall’avere favorito la mafia. L’inchiesta riguarda il cosiddetto tesoro dell’ex sindaco di Palermo Vito Ciancimino. Il ministro, indagato insieme al senatore del Pdl Carlo Vizzini e a Cuffaro, avrebbe intascato una tangente di 50 mila euro legata agli appalti vinti dalla società Gas, “gioiello” della famiglia Ciancimino.

(Fonte ANSA)

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