Noemi, palermitana in guerra: 'Il silenzio dei bambini ucraini'

Noemi, palermitana in guerra: ‘Il silenzio dei bambini ucraini’

Il racconto di una giornalista palermitana nel confine caldo del conflitto.

Noemi ha preso l’aereo per Budapest, da Palermo. Da lì, una volta atterrata, è salita su un trenino che la portasse alla frontiera, al confine con l’Ucraina. Era un trenino umile, sbuffante, catarroso, ma volenteroso, nel suo attraversare campagne e villaggi: infatti è arrivato a destinazione. Ora, Noemi La Barbera, 39 anni, si trova a Zàhony. E fa quello che una giornalista freelance brava come lei si mette a fare in questi casi: scatta, edita video, parla, scrive, guarda gli occhi dei profughi che scappano da una guerra. Ci racconta gli odori che da qui non riusciamo a percepire. Poi, quando torna in un rifugio di silenzio, nella camera oscura di se stessa, ecco che sgorgano le lacrime. Sono lacrime coraggiose che non ammettono di esistere, per generosità, ma che si avvertono in una voce giovane e ferita. Se sei arrivata dalle parti dell’inferno per mostrarlo al mondo e convincerlo che non è il caso di andargli addosso, anche una macchina fotografica diventa un ospedale da campo. Qualcosa che salva la vita, nel fissarla in un’immagine. E non c’è mai un momento da perdere.

“Siamo in un paese di frontiera – racconta – a venti minuti dal primo centro ucraino, nel pieno della crisi. Ci sono quattro case e niente altro. Non c’è un bar, non c’è un ristorante. La stazione è il caposaldo dell’accoglienza. I profughi arrivano, stanno qualche giorno, vengono rifocillati e partono per andare via. Vengono accolti in una scuola, in un dormitorio che era un campo di basket, pieno di stuoie. Ci sono tanti letti a castello. Perché sono qui? E’ un posto più lontano dalla narrazione ufficiale e io voglio esserci”. Se sei una giornalista, devi esserci. Con i piedi che ti ci hanno portato insieme al trenino. Con le mani che proteggono notizie e storie. E con gli occhi che non dimenticheranno mai gli altri occhi in fuga su qualunque binario, via dall’orrore.

“Gli ucraini che arrivano dimostrano una grande forza – dice Noemi -. Ti parlano della guerra con naturalezza, con normalità. Eppure, hanno visto parenti e amici morire. Hanno visto bambini stesi per strada senza vita e hanno perso tutto, con appena il tempo di mettere poche cose in una valigia, in una busta di plastica. Sanno che non riavranno più la casa che hanno dovuto abbandonare e riescono perfino a sorridere”.

Noemi ha incontrato una giovane insegnante di Kiev: “Julia mi ha sorriso con estrema gratitudine per gli europei, per noi italiani. ‘Cosa lasci dietro di te?’. L’ho chiesto e lei è crollata, scoppiando a piangere. Mi ha detto che il suo compagno sta combattendo e che pensa sempre ai suoi studenti. Ci sono tanti animali qui, cani e gatti soprattutto. Si mangia tutti insieme. E ci sono tanti bambini”.

Noemi La Barbera, palermitana alla frontiera, li ha fotografati i bambini. Bambini che leggono. Bambini che giocano. Bambini che si sforzano di restare bambini: “Sono bellissimi e composti, come se non volessero dare fastidio. Leggono, disegnano, colorano, con lo sguardo assorto. E rimangono in silenzio. L’altro giorno, da Bari, è arrivata una coppia per prendere la nipotina ed è stata un’attrazione per tutti l’irrompere di quell’automobile fiammante e rumorosa. I ragazzi più grandi, invece, sono soli e tristi. Li vedi che si appartano e che preferiscono non chiacchierare con nessuno. Hanno il dolore scolpito nel volto”. E’ l’ultimo frammento di un grande racconto. Noemi deve immergersi ancora in quella terra di trenini e campagne. In quel luogo a noi sconosciuto che ha le sembianze di un cuore spezzato.

Noemi La Barbera (a destra). La foto di copertina è sua, per gentile concessione.

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