Un anno senza Giordana - Live Sicilia

Un anno senza Giordana

Vera Squatrito ricorda la figlia uccisa brutalmente lo scorso 7 ottobre dall’ex compagno.

A Nicolosi una panchina rossa
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CATANIA. “Ho finito di contare i tuoi anni la notte in cui hai perso la vita. Ho la consapevolezza che non ti vedrò mai più e oggi conto gli anni della tua atroce morte. Non smetterò mai di pensare a quelle mani assassine, mi manchi anima mia, come l’aria, ed io non respiro”. Per Vera Squatrito è un giorno doloroso più che mai. Quelle 48 coltellate che lo scorso 7 ottobre le hanno portato via Giordana, oggi, trafiggono il suo cuore più del solito. È stato un anno difficile, in cui la primavera sembra non essere mai arrivata. Un lungo inverno in cui il vuoto per la perdita della figlia ha convissuto con la rabbia ma, anche, con la forza di reagire. Se non per se stessi, almeno per Asia. La nipotina a cui Vera dovrà fare da nonna e mamma.

È il primo anno senza Giordana… Dentro di lei, in questo momento, abiteranno sensazioni che forse non è facile descrivere…
“La notte appena trascorsa sembrava non terminare mai, ho rivissuto attimo per attimo quella di un anno fa quando ancora non avevo la consapevolezza di ciò che stesse accadendo. L’ho acquisita solo col tempo”.

Il 7 ottobre è la data dell’omicidio di Giordana ma è anche il giorno in cui, lo scorso anno, si sarebbe dovuta tenere la prima udienza del procedimento per stalking, avviato dopo la denuncia di sua figlia nel 2013. Giordana si era confidata subito con lei prima di denunciare?
“Ce ne siamo accorte insieme, dopo una serie di azioni ripetute dall’ex compagno di mia figlia che non lasciavano spazio a dubbi: troppi sms assillanti e inopportuni, chiamate a qualunque ora del giorno e della notte, appostamenti. Giordana aveva solo 15 anni e, per una ragazzina in piena adolescenza, non è facile pensare e accettare che dietro al suo primo amore potesse nascondersi un sentimento malato, possessivo e ossessivo, tale da poter diventare un pericolo”.

Come madre, lei aveva tanta paura?
“Sì, tantissima. Solo adesso non temo più nulla perché, quando perdi la cosa più bella che avevi tra le mani, ti rimane solo una grande ferita che non riuscirai mai a rimarginare. E quelle coltellate oggi le sento tutte”.

Ha mai sognato Giordana in questi mesi?
“È successo quella maledetta notte, qualche ora prima di poterla rivedere dopo che quell’uomo l’aveva ridotta in una condizione indescrivibile. Ero riuscita per la stanchezza ad addormentarmi mezzoretta e mi è apparsa in sogno dicendomi ‘mamma, non avere paura, io sono così ma tu non aver paura’ ”.

Asia quanto assomiglia alla mamma?
“Tantissimo. Ha il suo stesso carattere: è una bambina testarda, decisa ma anche molto dolce e affettuosa. Gli abbracci tra di noi non devono mancare mai e, come mia figlia, è molto ironica. Giordana da piccola, a volte, mi salutava con un ‘Ei, ciao Alfonso’ perché l’ho cresciuta da sola e, quindi, mi diceva sempre che dentro di me vi fosse una parte femminile e una maschile. Cerco di tenere quotidianamente vivo in mia nipote il ricordo di mia figlia perché spero che non la dimentichi mai. Mi aiutano le foto, gli aneddoti, la mia famiglia. Per adesso lei sa che mamma è volata in cielo, quando sarà più grande dovrò avere il coraggio di dirle la verità”.

Chi le ha dato la forza di guardare avanti?
“Dio e le tante persone che mi hanno dimostrato di combattere al mio fianco. Lo scorso 6 maggio, in occasione del compleanno di Giordana, stavo malissimo. L’idea di non poter più festeggiare con lei quel giorno mi aveva resa particolarmente debole. Su Facebook mi arriva il messaggio di un amico di Giordana: ‘oggi faccio gli auguri a te che sei i suoi occhi, la sua bocca e il suo cuore’. Quelle parole, apparentemente semplici, mi hanno aiutata a superare quel momento. La forza me la danno pure le donne che in privato mi scrivono per chiedermi aiuto perché stanno attraversando ciò che mia figlia ha dovuto subire, sapere di essere utile per loro mi dona serenità”.

A volte le esperienze negative possono cambiare in peggio le persone, possono cancellare le nostre speranze e farci affrontare la vita con distacco…
“Nel mio caso non mi sento ne migliorata ne peggiorata. Adesso so solo di avere una missione: la prevenzione, sensibilizzare gli altri a questo delicato tema facendo in modo che, anche in Italia, chi subisce atti di violenza fisica e psicologica possa ribellarsi senza il timore di essere abbandonato. Le possibilità ci sono, ma occorre che le istituzioni mettano in atto pene più severe e tempi d’azione più celeri”.

Lei crede nella giustizia?
“La giusta punizione per chi uccide dovrebbe essere l’ergastolo ma molto spesso assistiamo a riduzioni di pena, a processi con rito abbreviato e a sconti giudiziari che lasciano solo tanta amarezza. Io non mi voglio perdere d’animo, sono per natura ottimista e pretendo che la memoria di mia figlia venga rispettata”.

Ed è fissata per il 24 novembre la prossima udienza del processo per stalking mentre, per quello che vede Luca Priolo imputato per omicidio aggravato dalla premeditazione, bisogna attendere che la Cassazione si pronunci dopo la richiesta di spostamento del processo a Messina da parte della difesa del 25enne.


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