Un po' di Francesco vive in chi lo ha conosciuto

Un po’ di Francesco vive in chi lo ha conosciuto

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    Ricordo, quando era direttore di livesicilia, un’occasione in cui una diversità di vedute, abbastanza accesa, tra me e un vostro redattore (di cui ometto anche le iniziali) rischiava di degenerare pesantemente. Lui intervenne immediatamente per mettere pace e aiutarci a superare il conflitto. Ciò che non dimenticherò mai sono la naturalezza e la semplicità con cui lo fece, atteggiamento umile e disponibile ma di chi sapeva dare con decisione il giusto valore alle cose. Un atteggiamento che col tempo ho preso ad esempio e che mi colpì tanto e mi “disarmò” del tutto.

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L'ho conosciuto tanti anni fa. Sono stato un assiduo cliente della libreria fino alla chiusura. Grande figura di siciliano, di grande serietà e gentilezza. La sua signorilità contrasta con i tempi attuali. E purtroppo i cafoni parvenu avanzano....

Condivido pienamente. E’ mia opinione, comunque, che “appartenere” ad un quartiere definito “nobile”, piuttosto che ad uno di periferia e “difficile”, rappresenta soltanto un caso. Nella nostra città anche in quartieri discutibili sono emeri uomini che hanno fatto la storia. Poi, sappiamo bene che il cittadino palermitano è assai particolare, sotto diversi aspetti e sappiamo che è proprio la condotta quotidiana dei palermitani che, sovente, lascia molto a desiderare, a prescindere dal quartiere di provenienza. Certo, non vi è dubbio che alcuni quartieri di periferia sono, con le dovute eccezioni, nell’assoluta illegalità. In questo caso, la responsabilità del cittadino palermitano che vive in quel quartiere difficile non è soltanto riconducibile alla “nota condotta” del palermitano, volendo generalizzare: c’è, in questo caso, un assoluto e cronico abbandono del territorio da parte delle Istituzioni. Partecipavo a comizi elettorali quando avevo vent’anni e da allora sono trascorsi 43 anni: sento sempre gli stessi discorsi, ma quei quartieri, nel tempo, vivono un allontanamento dello Stato sempre più marcato. Non è un caso che in quei quartieri, da una parte c’è chi prevarica nella consapevolezza della impunibilità, o quasi; dall’altra c’è chi prova a vivere una vita normale, ma si tratta del cittadino costretto a vivere l’altrui sopraffazione. E’ crescente, e non potrebbe essere diversamente, l’assoluta e comprensibile diffidenza e distacco quali “sentimenti” avvertiti da tutti i cittadini che vivono nei quartieri difficili nei confronti delle Istituzioni: chi subisce, è rassegnato all’abbandono, chi prevarica, sfrutta l’abbandono. Più che vivere in un quartiere come lo Zen per qualche giorno, dove indubbiamente c’è un grande spaccato di società sana, c’è da rivendicare in maniera netta un inizio di presenza dello Stato (assente da sempre!), cominciando ad offrire i servizi essenziali mai dati e che oggi, più che mai, non possono essere ancora rimandati e, peggio, sottaciuti in un consorzio civile che abbia la pretesa di essere definito tale.

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