La storia di Romeo e Giulietta la conosciamo tutti. Lei ama lui, lui ama lei: entrambi muoiono. E allora perché non raccontarla in modo diverso? Perché non modernizzarla in un modo che scioccherebbe Shakespeare?
“Bengala a Palermo” è questo. Un “Romeo e Giulietta” moderno, e soprattutto aperto e multietnico, come solo questa città sa essere. E’ la storia di una famiglia bengalese e della sua integrazione nella cultura palermitana, ma è anche la storia di Deeti che si innamora del puparo Vito, di due diversità che si intrecciano.
Lo spettacolo vanta un cast poliedrico, speciale. Attori, allievi, e gente che non è mai salita su un palco prima d’ora, ed è per questo che la compagnia è la “colonna portante” di tutto (secondo il regista Marco Carniti): perché rappresenta l’essenza stessa del racconto.
“Bengala a Palermo è uno spettacolo che vuole essere la vittoria e la rinascita del teatro che, come araba fenice, risorge per creare la società di domani” dice Carniti, “solo il teatro ha il potere di farci capire quello che stiamo vivendo andando sempre più in profondità per arrivare sempre più in alto”.
Ovviamente, come molti altri spettacoli, la sua realizzazione si è dovuta scontrare con la pandemia, ma questo non è stato un ostacolo.
“E’ uno spettacolo a cui tengo molto – dice Pamela Villoresi, direttrice del teatro Biondo – Del resto è stato il primo progetto che ho messo in cantiere quando sono arrivata al Biondo. Abbiamo fatto tante interviste sul territorio fra le comunità di origine straniera e poi siamo arrivati a un testo. Doveva debuttare l’anno scorso ma è saltato, poi questa primavera, ma non si potrà. Adesso speriamo nell’estate. Sulla riapertura dei teatri non c’è ancora alcuna certezza. Speriamo di poterci rimettere in moto dopo Pasqua. In questo tempo di pandemia non abbiamo fatto altro che programmare e riprogrammare da capo con tutte le produzioni rimaste in coda. Puntiamo a farle vedere al pubblico in esterno in luoghi come lo Steri, Palazzo Riso e lo Spasimo, pandemia permettendo”.