Un siciliano al Quirinale - Live Sicilia

Un siciliano al Quirinale

Tre siciliani in corsa per il Quirinale. Che presidenti sarebbero una volta eletti? Cosa potrebbero portare di buono alla Sicilia? Voi chi scegliereste? GRASSO (di Pietrangelo Buttafuoco), MATTARELLA (di Felice Cavallaro), FINOCCHIARO (di Salvo Toscano).

Il toto-presidente
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“Sto per lasciare le mie funzioni”. E’ il saluto con cui Giorgio Napolitano ha annunciato la prevalenza dell’età sull’istituzione, concludendo il suo secondo mandato. Per qualche giorno, il fantasma in carne e ossa di “Re Giorgio” – prima dei suoi attuali critici fu Giampaolo Pansa a definirlo così – si aggirerà per le stanze del Quirinale, senza abitarle davvero. Il commiato televisivo ha reso superfluo, in chiave di percezione popolare, il compimento delle dimissioni. Il Presidente della Repubblica è un monarca democraticamente eletto, in osmosi con la coscienza che il Paese ha di sé. Se il sovrano democratico abdica nel discorso di fine anno, il legame deve considerarsi sciolto.

Le alchimie della successione hanno isolato, fra gli altri, tre candidati, diversi per declinazioni biografiche, con un denominatore comune: sono tutti siciliani. Pietro Grasso, Anna Finocchiaro e Sergio Mattarella, inseriti nella cabala, hanno nicchiato col garbo di chi punta al grande salto, tentando di non scoprirsi troppo. Possiamo cercare di comprendere quale volto dell’Italia racconterebbero, se dovessero ascendere al Colle.

Pietro Grasso sarebbe il campione della gente e dell’antimafia. In una riduzione felpata del populismo di Pertini, il presidente Grasso impersonerebbe il crisma della resistenza, nel segno di quel macchinario della memoria che sovrintende agli anniversari delle stragi. Un presidente-partigiano che, nella bonomia della sua retorica, tanto utile per ogni Capo dello Stato, potrebbe prendere lezioni di scopone scientifico, con la speranza di vederle fruttare al prossimo Mondiale di calcio, proprio come un Sandro Pertini minore.

Sergio Mattarella sarebbe l’interprete della forza dell’invisibilità. Di lui si riscontrano sparute tracce biografiche: un profilo di rinnovatore nella Dc, in compagnia di Leoluca Orlando, lo status di fratello di Piersanti, presidente siciliano della Regione, assassinato dalla mafia, il latinismo con cui il cognome viene associato a una legge elettorale e poco altro. Perfino il passaggio da vicepresidente del Consiglio nel governo D’Alema è sconosciuto ai più.
Il crisma del candidato ignoto non è tuttavia da sottovalutare. L’invisibilità può essere percepita come risorsa morale, in un tempo affollato di esternazioni a ritmo di tweet.

Anna Finocchiaro avrebbe il fascino della necessità del potere e della questione femminile insieme. Una donna, per la prima volta al Quirinale, con un curriculum di assidua frequentazione delle stanze che contano. Anche la necessità del potere non va presa sottogamba nella cabala presidenziale. E’ il teorema che ha condotto alla rielezione di Napolitano: quando non rimane nessuno a comandare la nave, meglio affidarsi a un capitano di lungo corso sia pure espressione della “Casta”. La risposta fornita alla questione femminile, in caso di elezione di Finocchiaro, mitigherebbe l’effetto mancato dell’uomo nuovo, proprio perché mancherebbe l’uomo.

Al netto del fanta-presidenzialismo, c’è un’altra domanda di peso a cui rispondere: che conseguenze avrebbe l’elezione di un presidente siciliano per i suoi conterranei?
Bisogna partire dal tragico dato di fatto. La Sicilia è una regione dimenticata, sconsacrata dalla politica, con una classe dirigente, da destra a sinistra, non all’altezza della faticosa risalita che ere geologiche di malgoverno impongono.
Un Presidente della Repubblica siciliano rappresenterebbe una sorta di lord protettore, un riflettore puntato sui destini di una terra alla deriva, per imporre la sicilianizzazione del dibattito nazionale.
Ecco perché abbiamo scelto di concentarci sul trio dei papabili di casa nostra, raccontandoli con i ritratti di Pietrangelo Buttafuoco, Felice Cavallaro, Salvo Toscano.

Ecco perché seguiremo attentamente la successione di Re Giorgio, questa storia democratica di intrighi e sussurri che ci riguarda molto da vicino. E’ un punto di congiunzione fondamentale. Si decide, con tutto il resto, come sarà il volto della Sicilia nei prossimi anni di lacrime e sangue.


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