PALERMO – Quasi 10mila aspettano una casa popolare, 1.500 circa, invece, non hanno ancora un tetto sulla testa, 200 hanno richiesto il contributo messo a disposizione dal Comune e 350mila euro saranno stanziati per mense e dormitori. Eccoli i numeri dell’emergenza abitativa a Palermo, o più in generale di un tema, quello della casa, che in città riguarda migliaia di persone.
Si va dalle famiglie di via Bagolino, ormai non più a carico del Comune grazie anche a un contributo una tantum, a 30 nuclei che rientrano in uno speciale progetto per l’accompagnamento all’autonomia abitativa, passando per chi invece aspetta ancora (ma senza troppe speranze) un alloggio popolare. Già, perché negli ultimi 10 anni sono state assegnate appena 280 case, di cui 170 in via Fileti, filiera programmata praticamente negli anni Novanta. Ed è proprio questo uno dei problemi: la mancanza di progettazione. Altri 104 alloggi sono in costruzione in via Alia, con tanto di parcheggi, ma i lavori aggiudicati nel 2012 si sono fermati per la rinuncia dell’impresa.
Ma questo è solo uno dei tanti problemi. Ci sono poi le emergenze sociali, ovvero quelle che riguardano coloro che hanno bisogno di una doccia, di lavare gli indumenti o di un pasto caldo. Il Comune, nell’ultimo bilancio, ha stanziato 350mila euro di cui 25mila per l’attività su strada, 90mila per i dormitori, 75mila per le mense, 40mila per i banchi alimentari e 120mila per i ricoveri d’urgenza. Ma Palazzo delle Aquile conta anche di ricorrere ai fondi europei, come quelli Pisu (1,6 milioni di euro), per rimettere a nuovi alcuni edifici da adibire a mense e dormitori pubblici, oggi ridotti al lumicino, e comprare reti e materassi. Piazzetta della Pace ospita ad oggi 40 clochard, ma la struttura andrebbe ingrandita.
Quello dei beni confiscati, invece, è un capitolo a sé. La nomina di Umberto Postiglione alla guida dell’Agenzia ha nettamente migliorato i rapporti con l’amministrazione comunale, con incontri settimanali e un trasferimento maggiori di immobili: Palermo, pur essendo la città con più beni confiscati (1.945), ne ha ricevuti ad oggi 497.
Su 1.500 famiglie circa in lista per l’emergenza abitativa, invece, solo 200 hanno chiesto, nell’arco di due avvisi, il contributo per il disagio alloggiativo, ovvero circa 2.500 euro. Infine c’è la questione dei bandi di gara, che il Comune indice ma che nessuno si aggiudica, a testimonianza di un Terzo settore non sempre pronto a rispondere alle esigenze del territorio. “Questo é un percorso che si è attivato in emergenza, anche attraverso la costituzione dell’Ugea – dice l’assessore Agnese Ciulla – che aveva l’obiettivo di fare il punto sulla questione delle politiche dell’abitare. Il prossimo passo sarà quello di avviare il percorso per la costituzione dell’agenzia per la casa, ovvero uno strumento interno all’amministrazione che possa operare in termini di programmazione e non di emergenza”.
“La parte mancante di tutti i provvedimenti adottati è quella relativa alla reale emergenza – dice Antonella Monastra del Pd – oggi le emergenze sono le famiglie sfrattate per la crisi economica. Bisogna dare risposte per la prima accoglienza: possibile che il Comune, con tutti gli immobili che possiede, non ci riesca? Il buono casa non può rappresentare l’unica risposta”. “Noi siamo d’accordo con la giunta sui contenuti – dice Alberto Mangano del Mov139 – purtroppo siamo in disaccordo sulla tempistica: il tempo è una variabile non indipendente, più passa il tempo, più lenta è la risposta dell’amministrazione e più l’emergenza si aggrava. L’impegno assunto dal sindaco su un tavolo mensile va rispettato: è un modo per sollecitare gli uffici. A me non risulta che ci sia un provvedimento di sussidio straordinario per le famiglie indigenti, gli assistenti sociali dicono il contrario dell’amministrazione: chi ha ragione?”.
“Ritengo che la soluzione dell’emergenza abitativa, che trovo singolare per una città così densamente edificata e con un patrimonio immobiliare pubblico enorme, non possa essere risolta solo dal comune di Palermo – dice Nadia Spallitta del Mov139 – è necessario che anche gli altri enti pubblici dotati di beni immobili (come Stato, Regione e Provincia), individuino insieme delle strutture da destinare ad uso abitativo all’interno del loro patrimonio (dalle caserme ai conventi, passando per i beni confiscati e gli immobili abusivi). Ho già proposto e condiviso con l’onorevole Giuseppe Lauricella un emendamento alla legge Rognoni-La Torre che punta a lasciare in Sicilia e ad ogni comune non solo gli immobili, ma anche le somme di denaro confiscate a Cosa nostra. Un giusto ristoro per i danni che il sistema mafioso produce sul territorio e che potrebbero essere reinvestiti per garantire il diritto all’alloggio che una sentenza della Corte di giustizia ha definito fra i diritti umanitari. Non sembra percorribile invece l’ipotesi della requisizione dei beni delle Opere pie”.