PALERMO– Le anime bianche dei ragazzi sono scese in strada, per lavare via il sangue. Tanti piccoli fantasmi, con un lenzuolo candido e leggero come i piccolissimi peccati di quell’età, hanno attraversato Palermo. Non possono redimerla, ma solo accarezzarla con le ali che hanno ai piedi. Gli amici di Carmela, massacrata a diciassette anni, hanno iniziato la marcia silenziosa dal liceo “Umberto” I, fino a casa della ragazza, teatro dell’orrore. Un percorso ideale dall’inizio alla fine, dall’innocenza alla ferocia di un balordo omicida. I ragazzi non accettano che il posto di Carmela e Lucia sia ricordato come la scena di un delitto. Lo hanno ripulito, passandoci sopra il verso di una canzone di Liga: “Ti sento… nell’aria che è cambiata”, scolpito nelle magliette. Era una gemma che Carmela amava.
Le luci del liceo Umberto e il candore dei suoi allievi non riporteranno in vita Carmela Petrucci. Ma servono per dire una verità luminosa: ora basta con le speculazioni, con le strumentalizzazioni, con le riprese che denudano, con i microfoni ficcati in bocca, con i taccuini spianati. Se proprio volete, se proprio dovete raccontare la triste storia di una ragazza assassinata alla partenza dei suoi sogni, almeno raccontatela nella sua essenza, sforzatevi di farlo. Non venite soltanto da guardoni alle soglie di questa oscurità che nessuno capisce. Veniteci col cuore e con la testa, con una candela accesa, col rispetto. Veniteci come persone. Venite vestiti di bianco, con pensieri e sentimenti puliti.
Ci sono figure che nei giorni tremendi di Carmela e Lucia Petrucci hanno riscosso l’ammirazione di molti. Il preside e i professori del liceo “Umberto” sono stati splendidi. Il professor Vito Lo Scrudato e i suoi collaboratori, fin dal primo momento, hanno alzato un cordone sanitario intorno alla scuola. Non sono riusciti a frenare la cavalcata inevitabile dei media. Noi che facciamo il mestieraccio siamo piombati come cavallette sulla succursale del classico in via Perpignano, lì dove c’è ancora un banco con i fiori, il rifugio di Carmela. E anche adesso troppe telecamere, troppi flash famelici.
Vito Lo Scrudato e i professori hanno isolato i ragazzi dall’assalto dei cronisti. Per quanto fosse possibile, li hanno protetti e guidati. Una barriera difensiva fuori le mura per riparare le anime giovani e spaccate in due dagli sguardi indagatori. Una cuccia riscaldata dentro, un luogo accogliente per sfogare ciò che non è sfogabile del tutto. E hanno sofferto e stanno soffrendo molto i ragazzi e i professori dell’Umberto. Il preside stamattina al cronista non ha rilasciato alcuna dichiarazione, se non un sussurro: “Guardi, sto soffrendo moltissimo umanamente e professionalmente”. Niente di più, solo una sbirciata nello spirito di un adulto che inghiotte il dolore, perché ci sono gli altri, i più piccoli, da reggere.
No, la marcia delle fiaccole non riporterà in vita Carmela. Serve a illuminare il buio, per invitare al decoro e al silenzio. Serve a mettere in un angolo la cronaca e in primo piano l’amore. Servono, queste anime bianche, pesanti come il coraggio di reagire, lievi come i sogni.