La dottoressa Ilaria Dilena combatte la battaglia di tutti dal suo angolo di trincea, come referente delle vaccinazioni per gli ospedali riuniti Villa Sofia-Cervello. Con lei parliamo della tragica vicenda di Ariele, la piccola positiva al Covid, morta all’Ospedale dei Bambini. E lo facciamo, con rispetto, per due motivi. Perché Ilaria Dilena è un medico sensibile e perché è una mamma.
“Sì – dice la dottoressa – la storia di Ariele mi sconvolge profondamente, come tutti. Abbraccio quella mamma e quella famiglia. Ho una ragazza di vent’anni che è la luce della mia vita. Non ci sono parole appropriate per dire quanto faccia male un simile distacco. La vaccinazione resta l’unica arma che abbiamo per difendere noi stessi e quelli che ci stanno intorno dal Covid, specialmente se si tratta di persone fragili. Non siamo fuori dalla pandemia, abbiamo un incremento di contagi tra i non vaccinati, i vaccinati hanno qualche caso di positività quasi del tutto asintomatico”.
Ci lasciamo alle spalle un tempo tremendo e viviamo un tempo ancora difficile. Soprattutto gli operatori sanitari che sono stanchissimi. “E’ vero – spiega la dottoressa Dilena – i colleghi sono allo stremo e lo siamo tutti, perché assistiamo a un dolore collettivo che si poteva evitare con il vaccino. Io sono per l’obbligo, perché sussistono ragioni di salvezza della comunità. Tanti medici sono morti, come tante persone che non hanno avuto la fortuna di avere un vaccino a disposizione, solo per questo si dovrebbe correre negli hub. E attenti alle fake news. Non è vero, per esempio, che le terapie monoclonali vanno bene sempre. Funzionano all’inizio e su determinati pazienti”.
L’ultimo pensiero di una mamma è per una mamma: “Vorrei abbracciare ancora chi ha perso la bimba, dopo anni di combattimento, di amore e di cura”. Sono parole che fanno bene anche a chi scrive quelle della dottoressa Ilaria. Perché sanno dire la verità, senza fare male a nessuno.