Vecchie e nuove affiliazioni I segreti di Cosa nostra LiveSicilia

Vecchie e nuove affiliazioni| I segreti di Cosa nostra

Tre verbali del pentito Francesco Squillaci che fotografano e completano alcune pagine della storia criminale di Catania.

CATANIA – Le ultime affiliazioni alla famiglia catanese di Cosa nostra sarebbero avvenute nel 2007. La cerimonia, in una villa a San Giovanni Galermo, è stata raccontata dall’ex reggente di Cosa nostra catanese Santo La Causa: furono battezzati i fratelli Daniele e Fabrizio Nizza. Ed è proprio quest’ultimo ad aver confermato la ‘pungiuta’ così come l’ha raccontata il suo ‘padrino’ La Causa. Per conoscere i nomi degli ‘uomini d’onore’ serve che parli un altro uomo d’onore. Qualche anno fa, dopo 25 anni di carcere, ha deciso di pentirsi Francesco Squillaci, killer di Cosa nostra. Che ha raccontato di una serie di “affiliazioni” che sono avvenute in carcere, alcune fino a dieci anni fa. Nomi vecchi e nuovi, ma che – soprattutto – hanno fatto la storia criminale di questa città.

Il battesimo mafioso

Partiamo dal suo ‘battesimo’. “Sono diventato uomo d’onore per volere di Aldo Ercolano nel 1994 che stava riorganizzando la famiglia dopo l’operazione Orsa Maggiore”, racconta Squillaci. Aldo Ercolano è il figlio del defunto Pippo. È colui che è ricordato (ed è stato condannato) per l’omicidio del giornalista Pippo Fava. Orsa Maggiore è l’operazione più imponente mai eseguita a Catania. Nel 1993 la mafia catanese è rasa al suolo. I boss e i killer di Cosa nostra finiscono alla sbarra. Anche oggi il processo Orsa Maggiore è citato in ogni blitz che ha per oggetto la famiglia Santapaola-Ercolano. “Aldo Ercolano” avrebbe mandato una lettera “con i nomi dei soggetti che dovevano divenire uomini d’onore”

“La cerimonia si svolse presso l’abitazione di Eugenio Galea che in quel periodo, seppur latitante, era rappresentante provinciale; con me furono affiliati anche Delfo Ruggeri, Ciro Fisicaro, Nunzio Zuccaro, Aurelio Quattroluni, mi sembra Antonio Motta e Venerando Cristaldi”.

All’affiliazione, secondo il racconto di ‘Martiddina’ (questo il nomignolo mafioso degli Squillaci)  parteciparono “Vincenzo Aiello, Pippo Mangion, Nalate D’Emanuele, Eugenio Galea, Ciccio La Rocca, Salvatore Cristaldi, Franco Di Grazia e Gino Lanteri di Lentini”. Il padrino di Squillaci sarebbe stato Eugenio Galea. “Tra il padrino e il figlioccio si crea un rapporto particolare perché il primo si prende cura dell’altro per tutta la vita criminale”. 

La cupola del 1994

Sarebbero state decise anche le cariche. Nel 1994, quindi, la gerarchia della famiglia Santapaola-Ercolano, secondo il narrato di Squillaci, sarebbe stata questa: “Io divenni responsabile di Piano Tavola, Belpasso e dei paesi vicini. Nunzio Zuccaro divenne il responsabile dell’acese, perchè Nuccio Coscia (Sebastiano Sciuto da poco deceduto, ndr) era in carcere, e anche di Picanello perchè i fratelli Cristaldi erano latitanti. Lello Quattroluni e Francesco Di Grazia rimasero responsabili di Monte Po. Delfo Ruggeri e Ciro Fisicaro divennero i responsabili di Lentini per il clan Nardo. Antonio Motta era il pupillo di Enzo Santapaola, figlio di Nitto, ma non aveva una responsabilità particolare”.

Ad un certo punto Squillaci avrebbe avuto anche Monte Po sotto il suo controllo. Quando “vennero arrestati Quattroluni e Di Grazia”. E siamo dopo il 1996. 

La ‘pungiuta’ in carcere

I verbali sono pieni di omissis. E così le confessioni che Squillaci affida al pm Rocco Liguori arrivano al 2003. In quell’anno in carcere avvennero diversi battesimi di mafia “per volere di Antonino Santapaola (fratello di Nitto, ndr)”. Giovanni Rapisarda era uno dei “vecchi di Monte Po”.

Sarebbe stata preparata da Squillaci una ‘cerimonia’ alla presenza anche di Natale D’Emanuele, cugino di Santapaola. Questo propose l’affiliazione di Enzo Sapia, nome che ultimamente è tornato in auge in molti blitz antimafia, sia come indagato che come destinatario di misura cautelare. Alcuni asseriscono che sarebbe stato, dopo il blitz Chaos del 2017, uno dei punti di riferimento.

Sapia sarebbe stato il padrino di Nuccio Aurora, poi ucciso in un agguato. Squillaci, invece, avrebbe voluto la pungiuta di Turi Assinnata, killer di Paternò. Sarebbe stato affiliato anche Francesco Amantea di Paternò nello stesso periodo. La pungiuta avvenne in un ripostiglio accanto ai bagni di Bicocca. 

Il rito mafioso

Squillaci ricorda la frase che si recita: “se tradisci Cosa nostra devi fare la fine di questa santina e questa santina può diventare cenere ma la cenere non può diventare figurella”. Il pentito poi spiega il rito: “La cerimonia prevedeva che prima si chiedesse al neo affiliato chi volesse come padrino, poi con quale dito sparasse e poi il dito veniva punto con l’ago, infine le gocce di sangue dovevano imbrattare la cartina che poi veniva bruciata e si pronunciava la frase”. 

I nuovi uomini d’onore

Nelle settimane successive ci sarebbero state altre affiliazioni: sarebbero diventati uomini d’onore Orazio Scalia e Antonio Lauria del gruppo Monte Po, poi Saro Lombardo (u rossu), il fratello di Squillaci, Nicoletto, e anche Giuseppe Mirabile, nipote di Alfio Mirabile che nel 2004 è stato vittima di un tentato omicidio. Quello è l’anno “in cui le cose cambiarono”, dice Squillaci. 

La rabbia del killer

Il pentito racconta della sua rabbia in quegli anni. E così decise, con la benedizione di Ciccio La Rocca, di formare una nuova famiglia di Cosa nostra. Il collaboratore avrebbe avuto dalla sua gli Strano di Monte Po, gli Assinnata di Paternò, i fratelli Nizza e Saro Lombardo, di Librino e San Cristoforo, il gruppo di Mascalucia diretto da Michele Guardo e i fratelli Ercolano, i figli di Iano.  

“Io volevo rivoluzionare Cosa nostra ed eliminare il nome dei Santapaola e degli Ercolano. Volevo uccidere tutti coloro che portavano il nome Santapaola e gli appartenenti della famiglia di Pippo”. 

La famiglia Martiddina

L’ultimo step di questo racconto arriva al 2008, quando con la presenza di Pippo Squillaci, padre del pentito, furono affiliati “Alessandro e Mario Strano”. “Il giorno di Pasqua facemmo la cerimonia e io fui il padrino di Mario e mio padre il padrino di Alessandro. Entravano a far parte della famiglia ‘Martiddina’ non della famiglia Santapaola”, chiarisce il pentito. E ci sarebbe stata anche l’affiliazione di Piero Crisafulli e di Santo Di Benedetto.

Il progetto fallito

Poi però qualcosa andò storto. Squillaci scoprì che gli Strano e il fratello Nicoletto avevano stretto un’alleanza con “Sebastiano Lo Giudice e Orazio Privitera” per creare una nuova alleanza. “Io rimasi del tutto sconcertato – racconta – perchè le mie direttive erano state stravolte; il mio obiettivo era solo quello di fare affari insieme e non certo un gruppo unito con i carateddi (Bonaccorsi, ndr)”. “Il mio progetto di fondare una nuova famiglia era fallito”, spiega al pm.

Quella delusione sarebbe stato l’inizio di un cambiamento che poi lo ha portato a decidere di collaborare. “Dal 2009 non sono più tornato a Bicocca perché non ho voluto più prendere parte alle dinamiche criminali di Cosa nostra”, chiarisce. A quanto pare si può essere “attivi” a livello mafioso anche da detenuti. 


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