Fragorosa. È come tutte le cose fragorose si può rilevare un boomerang. Così il giornalista Saverio Lodato ha descritto l’iniziativa del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, che nei giorni scorsi ha sollevato un conflitto d’attribuzione di fronte la Corte Costituzionale contro la procura di Palermo. I magistrati palermitani avevano registrato indirettamente la voce di Napolitano mentre parlava con Nicola Mancino, indagato nella trattativa Stato – Mafia e sottoposto a intercettazioni telefoniche: per il Quirinale sarebbe lesivo delle proprie prerogative costituzionali.
L’ex firma dell’Unità è intervenuto ieri sera al dibattito organizzato nell’atrio della facoltà di Giurisprudenza dalla rivista AntimafiaDuemila per commemorare il ventesimo anniversario della strage di via d’Amelio. “Il cittadino Mancino Nicola – ha detto Lodato – privato cittadino come tutti noi è andato in giro per mesi cercando di dimostrare che il primo luglio del 1992, il giorno del suo insediamento al Viminale, non aveva incontrato Paolo Borsellino. Il privato cittadino Mancino Nicola è andato in giro con le agende vuote, agende bianche, per convincerci che lui Borsellino non l’ha mai incontrato. Poi due giorni fa ha ammesso in televisione di avergli stretto la mano nel suo studio: davvero fragorosa come situazione”.
Al dibattito, intitolato “Trattative e depistaggi”, è intervenuto anche il procuratore aggiunto di Caltanissetta Nico Gozzo che ha raccontato come “Paolo Borsellino continuasse a servire lo Stato nonostante sapeva già del suo assassinio. In alternativa non si capisce come mai si fa confessare da un prete in procura la mattina del 18 luglio”.
Apprezzato è stato poi l’intervento del sostituto procuratore di Palermo Antonino Di Matteo, uno dei pm che indaga sulla trattativa Stato – Mafia. Negli ultimi giorni – ha spiegato il magistrato – abbiamo ricevuto un vero e proprio attacco: non so come definire quando i magistrati vengono chiamati eversivi da importanti elementi della classe politica. Nessuno ha ritenuto di dover intervenire per difendere e proteggere l’autonomia e la dignità personale dei magistrati, né il ministro della Giustizia né il Csm, né l’Anm, che danno voce ad un assordante silenzio. Mi auguro che assieme all’isolamento non tornino i rischi che questo porta. Certo forse rispetto al passato la forza militare di Cosa nostra è più debole ma non è sufficiente questa speranza per accettare il rischio della delegittimazione e dell’attacco continuo”.
Il procuratore aggiunto di Palermo Antonio Ingroia si è invece chiesto perché “in questi vent’anni non una sola commissione d’inchiesta sia stata aperta sugli anni delle stragi del ’92 e ’93 e sulla trattativa, in un Paese come il nostro in cui sono state fatte commissioni d’inchiesta su qualsiasi cosa”.
Salvatore Borsellino, fratello del giudice assassinato, ha poi concluso riportando l’attenzione sull’inedito intervento del presidente Napolitano contro la procura di Palermo. “E’ estremamente grave – ha detto Borsellino – che un presidente della Repubblica, a pochi giorni dall’anniversario dell’assassinio di Paolo Borsellino, ponga un macigno sulla strada della giustizia”. A queste parole gli appartenenti alle agende rosse presenti tra il pubblico cominciavano a intonare cori come “fuori la mafia dallo Stato” e ”Nessun silenzio né baciamano al presidente della Repubblica Napolitano”.