Sfortunato l’assessore Carlo Vermiglio. Assessore regionale ai Beni culturali da un anno e mezzo, di lui mai si parla. La sua voce è sconosciuta ai più anche tra gli addetti ai lavori. Fin quando sui giornali, l’assessore messinese mandato in giunta da quello che un tempo di chiamava Ncd, oggi si chiama Ap e domani chissà, sui giornali ci finisce. Ma per una bella polemica. In materia, tanto per cambiare quando di alfaniani si parla, di poltrone. La vicenda è quella del Consiglio di gestione dell’ente Parco della Valle dei Templi. Un decreto firmato da Vermiglio ha nominato presidente l’ex commissario Bernardo Campo. Dell’organismo faranno parte anche il sovrintedente di Agrigento Gabriella Costantino, un consulente nominato dalla Regione, Sergio Alessandro e infine il sindaco di Agrigento, Calogero Firetto e l’attuale direttore del Parco, Giuseppe Parello, ma questi ultimi due soltanto con potere consultivo e senza diritto di voto.
Una novità che a Firetto non è andata giù. Ed è scoppiata la polemica. “Il Governo regionale dopo aver privato il Comune di Agrigento della sua parte degli introiti del Parco Archeologico della Valle dei Templi – attacca il sindaco -, come previsto dalle norme, e dopo aver scippato risorse decisive alla comunità locale, nomina un consiglio di Amministrazione distante dal territorio e mal assortito anche sotto il profilo gerarchico, senza alcuna connotazione scientifica o accademica, togliendo al sindaco di Agrigento il diritto di voto, di cui ha sempre goduto”. Insomma, Firetto, che appartiene in teoria alla stessa area politica di Vermiglio, quella dei centristi, parla di “palese attacco alla città”.
Critiche anche dall’ex assessore Fabio Granata, che dà ragione al sindaco e parla di “legge tradita” per “il solito disegno di piccolo cabotaggio,togliendo autonomia al Parco e riducendolo di fatto ad uno dei tanti servizi dell’assessorato regionale”. Anche Legambiente lancia i suoi strali, lamentando l’assenza di esperti e parlando di “giochi di potere”. Proteste anche da Assohotel. Dall’assessorato tirano dritto. “Abbiamo rispettato la norma”, è la risposta data al quotidiano Repubblica. Punto. Ma il polverone si è già alzato. E la maledizione della polemica da poltronite continua a perseguitare gli alfaniani, Che oggi si chiamano Ap. Domani potrebbero mutare nome in Pp, come polemiche e poltrone. (Sa. T.)