Zen, l'arresto della preside: "La nostra speranza tradita"

Zen, l’arresto della preside: “La nostra speranza tradita”

L'arresto della preside dello Zen, Daniela Lo Verde. Le reazioni nella scuola e nel quartiere.
PALERMO - IL REPORTAGE
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(Roberto Puglisi) La scuola dello Zen 2, intitolata a Giovanni Falcone, è chiusa. Chiuso il cancello. Chiuse, a parte qualche eccezione, le bocche. Chiuso il cuore. Ed è normale che sia così. Che ci sia tanta rabbia. Il dolore è intenso. Qui ci sono tante persone che danno l’anima, da anni, giorno per giorno. E si sono svegliate con la notizia che la comandante in capo, la preside Daniela Lo Verde, è stata arrestata, con un elenco di accuse molto pesanti. Lo choc è palese e riguarda tutti. Intorno, lo Zen offre il consueto colpo d’occhio. Cassonetti ricolmi e maleodoranti. Rottami. Sporcizia. Qui ci sono gli stessi palermitani – quelli perbene e quelli non, mescolati insieme – che vivono in viale Strasburgo e in via Libertà. Ma qui sono tutti presi nello stigma del ghetto: buoni e cattivi. Perché se a Palermo dici: “Sono dello Zen” è facile che tu venga giudicato. Da innocente, tuo malgrado.

Il dolore della scuola

“Come stiamo? Si può capire. Io comprendo che lei mi debba porre la domanda, ma la risposta è semplice, purtroppo… Siamo sconvolti, ecco come stiamo”, sussurra una prof in transito. Al cancello qualcuno racconta che la preside, stamattina, è stata accompagnata dalle forze dell’ordine in ufficio. Lui, il narratore, non ha visto la scena, non era presente e gli è stata riferita. C’era qualche bambino, incuriosito. Il portone è stato sbarrato e non si è aperto più. Oggi, niente lezione. “Cadiamo dalle nuvole – spiega uno dei custodi -. Siamo rimasti scioccati. La preside ha fatto tante cose buone. Io sono qui da sette anni. Questa cosa può essere un contraccolpo. Anche in famiglia siamo distrutti”. Durante il viaggio in macchina, chiedendo qualche informazione in giro, la risposta era stata, tra il beffardo e il sorpreso: “Cerchi la scuola? Sa purtaru a scuola“.

“La nostra speranza tradita”

Sì, il colpo d’occhio non cambia. E’ sempre l’identico scenario di rottami, dove qualche ragazzino prova a giocare a pallone. E adesso la tentazione è di voltare le spalle a orizzonti migliori. Qui, nei padiglioni, non si attende la sentenza di terzo grado. La botta è forte. “La nostra speranza è stata tradita”, ecco il grido, sommesso, di Antonella. Accanto alla sua bottega ce n’è un’altra. Mani operose affastellano la merce, la controllano, la mettono negli scaffali. Si campa di sudore, travagghiu e onestà. Una delle clienti sbotta: “Se siamo messi tanto male – e il braccio indica collinette di munnizza – mica siamo noi, sono quelli che vivono come i signori, i colletti bianchi. Ci manciaru tutti cu Zen! Mi deve credere: io sono qui da trent’anni e mi nni scappassi. Ma non posso. Non ci sono i servizi, non c’è niente. Palermitani di serie B? Magari! Qui siamo in serie Zeta! Qua ci sono famiglie che muoiono di fame!”.

“Un cammino faticoso”

Si coglie il dato della delusione più cocente, condensato in una nota dalle associazioni che operano nel quartiere. “Questa mattina, aprendo i giornali, abbiamo appreso degli arresti che hanno coinvolto la dirigente scolastica della scuola Falcone dello Zen ed il suo vicepreside – si legge -. A fronte delle gravissime accuse non siamo, però, in grado di esprimere un giudizio a riguardo, perché da diversi anni ormai la nostra collaborazione con quell’istituto, malgrado l’attitudine al lavoro di rete come comunità educante che ci ha sempre caratterizzato, si era assottigliata tanto fino a diventare, di fatto, nulla. Seguiamo con attenzione la vicenda nella consapevolezza che, comunque sia, quanto accaduto è sicuramente doloroso per il quartiere Zen e per la città tutta, perché nell’assenza di punti di riferimento certi in termini di valori e di impegno, questo episodio contribuisce a scalfire la fiducia nei confronti delle istituzioni, oltre a minare un campo valoriale fondamentale soprattutto nei contesti più marginali. In questa direzione abbiamo sempre lavorato, e sappiamo che, a partire da oggi, sarà ancora più faticoso”. Questo dichiarano, in un comunicato congiunto, Bayty Baytik – L’Albero della Vita, Handala e Laboratorio Zen Insieme.

“Mi faccio i fatti miei”

Altro padiglione, altro spazio.Pure io sono qui da trent’anni e mi faccio i fatti miei – dice uno del luogo -. Sto tranquillo, non mi immischio, perché so che non devo immischiarmi. Mi hanno dato un alloggio popolare: dove dovrei andare?”. E’ la voce del realismo, in un giorno molto brutto. Ma c’è pure chi ha deciso di non perderla quella speranza assottigliata. Quasi grida la sua passione Katia (nella foto), seduta alla cassa del suo market: “Mi hanno fatto quattro rapine, me la sono vista brutta, ma non me ne vado. Perché? Perché io amo lo Zen”.


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