La pentita, il racket e il cantante - Live Sicilia

La pentita, il racket e il cantante

Il blitz antimafia
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La tradizionale affiliazione a Cosa nostra con tanto di santino che brucia resiste nel tempo. La pentita Monica Vitale, che ha contribuito all’indagine antimafia che ha portato in cella 28 persone, racconta di avere saputo da Gaspare Parisi, suo compagno e reggente della “famiglia” di Porta Nuova, i dettagli della cerimonia. “Mi ha raccontato Parisi – dice la donna ai pm – su questo signore (Calogero Lo Presti, capo del mandamento, ndr), mi ha detto che è stato lui a battezzarlo insieme a Masino Di Giovanni nel suo garage di appartenenza in via Danisinni. Parisi prima del battesimo mi aveva chiesto di accompagnarlo a comprare un vestito da cerimonia, perché loro mettono il vestito da cerimonia e io stessa gli ho detto che mi seccava, perché a me non piace, se mi devo andare a comprare un jeans va bene, ma un vestito da cerimonia no”. “Gli ho detto: no, mi secca gli ho detto a cosa gli serviva e lui mi ha detto: niente, perché tra poco mi battezzano. – prosegue – Gli ho fatto i miei auguri anche se ero contraria, perché lo so che dopo il battesimo non si può più uscire da questa strada tranne se non prendi altre strade… la cerimonia é avvenuta a pranzo, perché l’hanno fatta a pranzo, dove arrostiscono dopo il battesimo, fanno festa… parlandone con Parisi si parlava di questo, è normale che stringono una santa, lo pungono, con chi lo battezza io ero curiosa alla cosa e lui mi ha detto che avviene che si mette il capomandamento e altri capimandamenti, capifamiglia e chi lo battezza si ci mette accanto, prende sta santina, la brucia, poi lo punge, si si mettono a contatto o le dita o i polsi, quello che pungono, si baciano in bocca, dove viene detta una frase, però non lo so la frase questo è il battesimo”. E’ uno dei dettagli del blitz antimafia di Palermo.

Il racket
Nuovi metodi per taglieggiare le imprese e per ripartire i guadagni tra le famiglie dei detenuti. Ma non solo. Nell’ambito delle indagini che hanno portato oggi all’arresto di 28 persone tra cui i vertici del mandamento di Porta Nuova e Bagheria, è spuntata anche l’ombra di cosa nostra sulla fiction “Squadra antimafia Palermo oggi”. “Si tratta di una tentata estorsione” ha affermato in conferenza stampa il procuratore capo Francesco Messineo, quella che riguarda la Taodue, la ditta di produzione della fiction, sulla quale “si sospetta che abbia accettato di ricevere la fornitura di beni e servizi” da parte di ditte che il mandamento di Porta nuova aveva segnalato tramite il parente di un dipendente che lavorava nella Taodue, avvicinato da Tommaso Di Giovanni, al quale secondo il comandante del reparto operativo dei carabinieri, il colonnello Paolo Piccinelli, la Taodue avrebbe anche pagato una somma in denaro. Un filone investigativo che parte dall’operazione del luglio scorso denominata Eleio, nell’ambito della quale venne decapitato il mandamento di Porta nuova e venne portato in carcere Antonino Abbate.

A lui è succeduto Calogero Lo Presti, arrestato questa mattina, che già aveva intuito di essere intercettato: “È stato Lo Presti a tenere le redini del mandamento – ha affermato il maggiore Antonio Coppola – fino al dicembre del 2010, quando la pressione investigativa da lui percepita era diventata eccessiva. A quel punto le redini del mandamento sono passate nelle mani di Tommaso Di Giovanni e Nicolò Milano, soggetti dal pedigree mafioso di grande spessore ai quali – ha concluso – faceva da tutor Antonio Zarcone”.

Antonio Zarcone, già indagato nell’ambito dell’operazione Perseo, era al vertice dell’organizzazione radicata a Bagheria. È stato lui ha consigliare agli affiliati palermitani metodi alternativi alla riscossione del pizzo e al mantenimento delle famiglie dei detenuti. “Anziché attendere l’inizio dei lavori – ha spiegato il comandante Piccinelli – andavano direttamente negli uffici del Comune, dove da un impiegato riuscivano ad avere l’elenco di quanti avevano ottenuto la licenza dei lavori. Alla notizia dei vincitori dei bandi, cosa nostra si precipitava a casa loro”. Non sono mancate le collaborazioni delle imprese e dei commercianti taglieggiati che però secondo il comandante provinciale dei carabinieri, il generale Teo Luzi, non sono ancora abbastanza: “Oggi – ha esortato – si può veramente fare un giro di boa sul pizzo: ci vuole però una maggiore volontà da parte del mondo imprenditoriale. Le collaborazioni sono sempre di più ma non sufficienti per compiere un giro di boa sul fenomeno del racket”. Troppo oneroso invece l’impegno di consegnare un fisso al mese ai parenti dei detenuti. “Alle famiglie veniva allora fatta una donazione una tantum: un’attività che poteva essere un bar o una tabaccheria”, una “capitalizzazione” usando le parole di Messineo, che consentisse alla famiglia di mantenersi autonomamente.

La pentita
Conclusa l’attività investigativa sono giunte anche le informazioni fornite dalla neopentita Monica Vitale: “Le affermazioni della Vitale , che – ha spiegato Piccinelli – abbiamo raccolto al termine dei 15 mesi di indagine, ci hanno fornito un riscontro, una conferma su quanto già eravamo venuti a conoscenza in precedenza”. Ma tra gli arrestati anche una talpa, un ex-agente della squadra mobile attualmente in pensione che “ha fatto delle rivelazioni ha detto ancora il militare – ad alcuni degli indagati su alcuni movimenti delle forze dell’ordine”, consentendo loro di poterle prevedere.

A subire le prepotenze dei soprusi della mafia di Palermo sarebbe stato anche il partenopeo Vittorio Ricciardi, cantante di neomelodica napoletana. Il cantante è stato infatti invitato a non tornare più nel capoluogo siciliano. Il motivo? Non aveva salutato i detenuti durante un concerto in piazza. Un comportamento da maleducati per Cosa nostra palermitana.

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