Era forse un altro calcio di un altro tempo quello del presidentissimo Angelo Massimino. Un calcio lontano dagli sponsor, dai diritti tv, dalle telecamere dentro gli spogliatoi e dalle tessere del tifoso. Probabilmente il presidente tutto cuore e passione per il suo Catania avrebbe ancora fatto di tutto, adeguandosi alla nuova realtà del dio pallone. Angelo Massimino era uno di quei catanesi, classe 1927, “marca Liotru”, con il rosso della lava del vulcano e l’azzurro dello Jonio nel sangue. Oggi fanno quindici anni che il presidente se n’è andato, ma di lui la città ha conservato tutto, intitolandogli anche lo stadio.
L’epopea di Angelo Massimino sembra una di quelle storie da romanzo, perfetta per una sceneggiatura di Tornatore. C’è tutta una Sicilia dentro: la passione, l’ascesa, le gaffes con i giornalisti, il tracollo, le critiche, i guai e la resurrezione dalla cenere.
Da imprenditore edilizio in Argentina Massimino costruì la sua fortuna economica e tornato sotto il vulcano alla fine degli anni cinquanta iniziò a interessarsi della squadra. La prima promozione in A la conquistò nel 1969, con il mister Egizio Rubino. L’euforia di una città, abituata ad esaltarsi quanto a deprimersi in brevissimo tempo, durò poco. La squadra retrocesse in B e Massimino dopo due anni si dimise.
Ma il cuore è il motore di questa storia. Un cuore di tifoso che soffriva la lontananza dalla cabina di regia della squadra. E così nel 1974, dopo esser ritornato alla guida della società, arrivò un’altra promozione nella massima serie. La mitologia del presidente si nutrì di episodi spassosi che lo resero personaggio in un calcio ancora lontano dal gossip, dai calciatori – fotomodelli e dalle cifre astronomiche. Quando un giornalista gli disse che “alla squadra manca l’amalgama” il presidente senza scomporsi rispose: “Mi dica dove gioca che lo compriamo!”.
Dopo un lungo peregrinare tra la serie B e C il Catania ritornò a giocare il campionato più prestigioso nell’82, con Gianni Di Marzio alla guida e con una rosa che poteva contare su Claudio Ranieri, Aldo Cantarutti e Ennio Mastalli.
Dopo, come in una storia d’amore travagliata, lasciò ancora la società e vi ritornò per salvarla. Era il 1992 e il Catania rischiava il fallimento. La battaglia di Massimino portò la squadra a ripartire dall’Eccellenza per conquistare la massima serie. Un incidente stradale gli costò la vita. Tutti i catanesi lo ricordano con affetto e oggi anche l’attuale dirigenza lo ricorda emozionata dalle pagine del sito ufficiale della squadra. Chissà magari adesso, in un cielo a tinte rosse e azzurre, starà pensando se fra Lopez e Bergessio non manchi “l’amalgama”.