Cose di vergogna - Live Sicilia

Cose di vergogna

Il sindaco e una città stuprata
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Prima un piccola premessa, necessaria e un po’ dolorosa. Davvero, sarei tentato di scrivere che se ne sarebbe dovuto andare dopo la storiaccia della ZTL in cui l’incapacità dimostrata fu pari solo alla capacità di sorridere con tutti denti in fuori davanti agli obbiettivi dei fotografi, e chissenefotte se la città era flagellata dalla criminalità crescente o dall’eroina tornata nei quartieri. Lui sorrideva. Anche (soprattutto) quando la città da lui amministrata soffocò nella munnìzza e non ebbe la decenza di chiedere scusa ai suoi cittadini, doveva andarsene a lampo. Sarebbe stato un gesto pulito. Invece eccolo lì, o meglio, eccolo da qualche parte, visto che inComune non si vede (e neanche in altri appuntamenti istituzionali o di attaccamento al territorio, tipo il Festino, ma si sa: i fischi sono inquinamento acustico e ai cocktail party si vocifera che lui alla salute del palermitano ci tiene assai). Oppure, più onestamente, avrebbe dovuto dimettersi per l’inconcludenza del suo mandato, per l’assenza di un progetto politico, per lo sganciamento da una realtà mai davvero esperita se non – forse – nei rotocalchi che foraggiati generosamente ne avrebbero proclamato in saecula saeculorum l’ineffabile  “coolaggine” a imperitura memoria. E invece è rimasto lì, nascosto da qualche parte, a continuare ad essere il sindaco. Ha sommato disastri su disastri e niente. Ha dato soldi pubblici a TV private amiche, e niente. Ha usato la cosa pubblica per fini spudoratamente privati, ed ancora nulla di nuovo sul fronte della Sicilia Occidentale. Siamo quasi alla fine della premessa, che però abbisogna di una ultima puntualizzazione, urgente e doverosa: una intera coalizione lo sta appoggiando tuttora, proteggendolo e mantenendolo saldo nel suo scranno. Neanche da loro una parola di scusa che sia una. Fine della premessa (che non era tanto piccola, invero, ma il senso di impotenza che genera la via crucis della troppe inefficienze pare uno stillicidio, e questo sì che genera dolore).

Il fatto è che in questi giorni c’è stato qualcosa in più. C’è stata la gogna mediatica. Un servizio dell’ottima Stefania Petyx è andato in onda nella trasmissione con la maggior audience del belpaese, con la conseguenza d’aver creato un moto di sdegno diventato uno tsunami di vergogna. Perché, una volta ancora e di più, lo sputtanamento televisivo ha leso l’orgoglio e la dignità dei palermitani perbene. Non è stato il servizio andato in onda in TV a devastare l’immagine della città. È l’immagine della città che ha reso devastante il servizio.
Un sindaco irreperibile (e quando mai) mentre una giornalista lo cerca per offrirgli il diritto di replica, una città traboccante di munnìzza, impiegati che mai si sono visti al posto di lavoro, lo sfarzo di barche lussuose giusto per ricordare che le caste esistono eccome, la pratica del business in nero, la logica dell’amicizia col potente di turno come lasciapassare. Uno strazio, vero? Beh, è la nuda e pura realtà di questa Palermo.

Palermo è una città che è stata stuprata e poi cannibalizzata, usata soltanto come bacino elettorale, un zona franca dove si comprano i voti come si comprano i quarti di bue, tanto il risultato è lo stesso: ci si spartisce una carogna. La puzza è la stessa. Il ventre, gli arti e la pelle di Palermo oggi odorano di munnìzza.

Ieri dopo il servizio mi chiama al telefono un amico emigrato al Nord. Vi giuro, vorrei evitare ogni retorica adesso, per il rispetto che ho per lui, per me stesso e per la mia città. Ma è stato tanto il senso di vergogna che, davvero, ciò che segue è quanto di più onesto io possa adesso scrivere su questa vicenda.

Il mio amico mi chiama ed io rispondo.

Mi dice: Davidù ma com’è che ancora non si è dimesso.

Mi dice: non solo ho dovuto emigrare, ora spàrte pure questa umiliazione.

Mi dice: ma lo sai che al lavoro tutti mi stanno pigghiàndo p’u culo.

Poi non dice altro perché comincia a piangere.

La telefonata termina così. Senza nessun’altra parola, mentre  lui, forse per sfogarsi, forse perché l’orgoglio era stato frantumato e irriso, lui che in silenzio continua un lungo, inesausto, dolorosissimo pianto.

Ma ci hanno mai pensato al fatto che per molti palermitani essere di Palermo era una bandiera da ostentare con orgoglio e fierezza? Oggi, sotto la LORO amministrazione, con questo sindaco, oggi non è così. Umiliazione e vergogna. Complimenti.

Questo pensavo col telefono ancora in mano. Fuori dalla mia finestra intanto aveva smesso di piovere. La piazza allagata pareva un piccolo mare, i sacchetti di munnìzza ammucchiati un’isola al centro del mediterraneo, nessun segno di barca.


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