"Manca il senso del bene comune" - Live Sicilia

“Manca il senso del bene comune”

Se io fossi sindaco, Mario Azzolini
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Cosa farebbe il sindaco di un piccolo Comune se avesse la possibilità di amministrare Palermo? Lo abbiamo chiesto a Mario Azzolini, giornalista Rai, eletto primo cittadino a San Mauro Castelverde durante le amministrative dello scorso maggio. Nessuna formula magica ma, secondo il parere di Azzolini, Palermo dovrebbe ripartire dall’educazione dei suoi abitanti. “Ai palermitani – dice il giornalista – manca il senso del bene comune”.

Mario Azzolini, cosa farebbe se fosse sindaco di Palermo?
“Eh, da dove comincio?”

In effetti i nodi della matassa palermitana sono tanti.
“Assolutamente sì, ma credo che la prima cosa dovrebbe essere quella di fare uno sforzo enorme per rendere civili i palermitani. Perché, va bene i disservizi, va bene la mala amministrazione, ma i cittadini palermitani non contribuiscono a rendere le cose più facili. Quel che manca agli abitanti del capoluogo è il senso del bene comune”.

Quindi cosa crede che bisognerebbe fare?
“Credo che bisognerebbe educare i palermitani al rispetto degli spazi collettivi”.

Per esempio?
“L’Amia è una società colabrodo e quello è noto a tutti, si sa. Ma se vengono ripulite le discariche abusive e dopo mezza giornata si riformano, allora la colpa non è soltanto della mala amministrazione”.

Tutti i siciliani sono tacciati di non avere il senso del bene comune, ma è davvero così? È una questione regionale o il problema riguarda soltanto le metropoli dell’Isola?
“Non posso negare che nei piccoli centri la situazione sia oggettivamente meno grave”.

In che senso?
“Faccio l’esempio del comune che amministro, San Mauro Castelverde. Il paese è pulito sia perché il nostro Ato di riferimento funziona abbastanza bene, sia per il rispetto che i compaesani dimostrano nei confronti degli spazi pubblici”.

Qual è stato l’errore maggiore di Cammarata?
“Non me lo chieda, è comunque un collega”.

Va bene, allora glielo chiedo in un altro modo.
“Ho capito, rispondo. Forse l’errore maggiore, in generale, è stato quello di tenere troppo conto della politica, nel senso che Micciché sapeva che qualunque suo candidato sarebbe stato eletto”.

Quanto è difficile essere un amministratore pubblico in Sicilia?
“È difficile nella misura in cui è complicato reperire i fondi pubblici e poi per quel meccanismo conclamato secondo il quale la pubblica amministrazione deve tutto al cittadino e il cittadino crede di dovere il meno possibile all’amministrazione”.

Si riferisce a qualcosa di specifico?
“Basti vedere gli allacci abusivi al servizio idrico. Nel mio Comune abbiamo scoperto diversi casi, che poi sono paradossalmente i primi a lamentarsi se manca l’acqua”.

Torniamo al capoluogo. Un bravo sindaco basterebbe per salvare Palermo?
“Il bravo sindaco da solo non basta, quello è chiaro. Serve una buona giunta, servono dei bravi assessori. Serve un consiglio comunale responsabile”.

Si riferisce ai recenti fatti di cronaca?
“Esattamente, lo abbiamo letto su tutti i giornali. Chi sta in consiglio comunale non può essere né un politico di professione, né qualcuno che va lì per cercare di arrotondare, perché si tratta di comportamenti indecenti e immorali. Scendendo, è così a tutti i livelli, come nel caso delle circoscrizioni”.

Lei le abolirebbe?
“Sia le circoscrizioni che le Province”.

Qual è il suo consiglio al futuro sindaco di Palermo, chiunque esso sia?
“Diciamo soltanto che se volessi davvero bene a qualcuno, l’unico consiglio che gli darei sarebbe quello di non fare il sindaco di Palermo”.


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