Onorevoli sotto scacco - Live Sicilia

Onorevoli sotto scacco

Le inchieste e la politica
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Ieri, all’Ars, c’era parecchio nervosismo. E non per la manovra finanziaria. Il dibattito in Aula era appena una procedura seccante. Come quando uno deve recitare una parte e serba ben altri macigni nel cuore. Dobbiamo dirlo, anche se è doloroso, i presenti – quasi i condolenti di una veglia funebre – raccontano lo spettro di un Parlamento siciliano sotto scacco, incalzato dai magistrati, insicuro a ogni passo. Per usare un titolo forse eccessivo: la politica è in libertà provvisoria. I numeri sono numeri – come ha scritto Claudio Reale – e gli onorevoli con qualche problema giudiziario non sono pochi. Oltretutto, si sta creando l’effetto Bastiglia, declinato all’isolana. Il popolo fuori rumoreggia. L’aristocrazia, prigioniera dentro il palazzo, non sa che pesci prendere. E’ esattamente il tipo di clima adatto per affondare il colpo di un’inchiesta. Non che i magistrati non compiano immancabilmente il loro dovere, ci mancherebbe. Tuttavia, se in giro c’è sentore di presa della Bastiglia, compiere il proprio dovere è meno complicato.

Li abbiamo letti su Livesicilia i commenti ironici, sarcastici e indignati per l’affaire Vitrano prima e per l’affaire Minardo dopo. Giustamente. Sono il microcosmo di uno sdegno diffuso. Purtroppo, la Sicilia che si straccia le vesti è la stessa Sicilia che questa classe politica ha votato, coccolato e riverito. I novanta dell’Ars – una brutta squadra, a prescindere dai pm – non sono stati avvitati allo scranno dal cacciavite di una bieca potenza straniera dominatrice. I siciliani li hanno messi lì. E davvero non c’è bisogno del magistrato per comprendere l’inadeguatezza di taluni che si palesa in uno scintillio di congiuntivi assassinati, di mosse sgradevoli, di comportamenti istituzionalmente discutibili. Eppure sono lì. Perché, magari, qualcuno ha avuto in cambio un favore.

Non sarà una ipotetica rivoluzione delle toghe a cambiare i destini della nostra terra. Sarebbe pericoloso, al limite dell’incostituzionalità, coltivare un’illusione del genere. Saranno i siciliani stessi a crescere, se vorranno. A liberarsi per sempre delle scorie. E’ vero: l’erbaccia della cattiva politica ha inventato cento meccanismi e mille cavilli per proteggersi e perpetuarsi. Ma, a osservare lo spettacolo del Parlamento siciliano, ci vuole una ben perversa fantasia per immaginare che si possa fare di peggio.
La posta in gioco è di tutti, come la piaga. Chiama in causa il meccanismo del potere e del consenso in una prospettiva generale. Stavolta, sarebbe miope ridurre il problema – per ragioni di bottega – a una polemica rabbiosa contro il governo Lombardo. Sul banco degli imputati c’è la Sicilia.

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