La grande matassa di Palermo - Live Sicilia

La grande matassa di Palermo

Chi ci pensa alla città?
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Se, come osserva correttamente Roberto Puglisi, la Sicilia è un campo di battaglia, Palermo è al contempo la capitale di questo campo di battaglia e nella prossima primavera anticiperà di un anno l’epico scontro politico che poi si svolgerà a livello regionale. Cominciano, infatti, ad accorrere i leader nazionali. Assistiamo a manifestazioni più o meno affollate in cui ognuno proclama la propria forza e la propria capacità di puntare alla vittoria. Si discute di metodi per selezionare i candidati mentre lunghe liste di nomi e soggetti autoproclamati impazzano nel cosiddetto “totosindaco”. A Palermo erano presenti sabato i leader di Fli, Gianfranco Fini, del Pdl, Angelino Alfano, mentre Lombardo e Miccichè si incontravano riservatamente, con ovvio resoconto pubblicato dai giornali, e non più tardi di 15 giorni fa l’inviato speciale di Bersani, Migliavacca, si è cimentato in una perigliosa assemblea del Pd della quale le cose che hanno avuto più spazio sui media sono state la sfiorata rissa tra Arnone e Crisafulli ed il “mitico” emendamento Papania.

Il risultato di tutte queste illustri presenze ed affollate riunioni consiste tristemente nella circostanza che dei problemi reali, che dovrebbero stare alla base di un progetto per salvare la città di Palermo, non v’è nessuna traccia. Come dire nessuno ritiene di dovere occuparsi del fatto che già ad apertura di campagna elettorale non ci saranno più fondi per gli stipendi Gesip, che l’Amia ha circa oltre cento milioni di euro di debiti accertati dal tribunale, di cui circa il 70% circa, nei confronti di fornitori che potrebbero fallire, che l’Amat dichiara di avere un credito di 140 milioni circa nei confronti del Comune e che vi sono altre decine di milioni di cosiddetti “disallineamenti” tra i bilanci delle partecipate e quello del Comune. Ovviamente a questo bisogna aggiungere i tagli effettuati dalla prima manovra economica del Governo nazionale e le gravi restrizioni, per cui tutti gli enti locali ancora protestano, apportate con la cosiddetta manovra bis. Questo significa che a stento nei prossimi mesi sarà garantito il pagamento degli stipendi e nulla più. Aggiungo a questo che la parola “mafia” scompare lentamente dal lessico della politica e chi parla di comitati di affari viene spesso rimbeccato come persona che vuole drammatizzare a scopo pubblicitario situazioni di piena legalità.

Però “radio città” continua a parlare di cose su cui occorrerebbe tenere i riflettori accesi: aree bersaglio, di alloggi da costruire in deroga su verde agricolo, di centro congressi nell’ex area Fiera del mediterraneo, di progetti di privatizzazione dei servizi pubblici in cui mai si comprende chi può rilevare aziende che sono deficitarie per il numero esorbitante di dipendenti senza licenziare i dipendenti stessi (fa eccezione l’azienda del gas, gioiello di famiglia che rischia di diventare tampone dei debiti). Mi fermo qui per evitare che il lettore atterrito abbandoni l’articolo prima di cadere in depressione e pongo una domanda: ma quale credibilità possono avere i leader di qualunque partito che passano un fine settimana a Palermo per cogliere l’applauso dei militanti senza dare nessuna risposta, non dico ai problemi ma almeno alla disponibilità nazionale per aprire un tavolo su Palermo prima che arrivi il dissesto finanziario? Ed ancora: come possono alimentare questa rincorsa ormai spasmodica tra iscritti dei loro partiti che si propongono come sindaci della ex città di Palermo senza progetto e senza svolgere un’azione all’interno dei propri partiti per sollecitarne l’impegno politico?

Di questo passo, lo dico per paradosso, il rischio è che le spese di campagna elettorale finiscano per superare quello che il Comune può spendere nello stesso periodo ed alla fine si resti senza vincitori e vinti perché l’impossibilità di adempiere i doveri essenziali di un Comune sottrarrà alla politica il governo della città per affidarlo ai funzionari che dovranno quantificare l’entità del dissesto. Non varrebbe la pena di affrontare adesso questi temi proprio per salvare la democrazia elettiva e cercare di fare rialzare Palermo?


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