Quelli che... rischiano il vitalizio - Live Sicilia

Quelli che… rischiano il vitalizio

Tempi duri per alcuni esponenti politici all’Ars. Quaranta deputati rischiano di dover rinunciare alla possibilià di percepire un ricco vitalizio a soli 50 anni. La notizia, per il momento, è soltanto un’ipotesi ma desta preoccupazione per leader e volti noti della politica siciliana. Il provvedimento, annunciato dai Presidenti di Camera e Senato, potrebbe arrivare come un fulmine a ciel sereno all’Asseblea Regionale Siciliana a partire dal 1° gennaio 2012.

Francesco Scoma, Michele Cimino, Simona Vicari, Girolamo Turano e Antonio D’Aquino potrebbero già rinunciare ad un privilegio che fino ad oggi garantirebbe un ricco vitalizio con largo anticipo rispetto alle altre categorie. Una legislatura da parlamentare consente di andare in pensione a 60 anni percependo circa 3.000 euro lordi. Ma non è tutto. Perchè bastava occupare le poltrone di Camera e Senato qualche anno in più per avvicinarsi all’andata in pensione fino ad un limite dei cinquanta anni. Stando alla misura previdenziale annunciata pochi giorni fa, l’ex assessore ed ex vicesindaco di Palermo, potrebbe attendere almeno dieci anni per percepire il vitalizio ricalcolato, però, in base al sistema contributivo. Eppure se dovesse dimettersi domani, Scoma avrebbe garantito un assegno di circa 6.000 euro al mese, se consideriamo le quattro legislature alle spalle e i 50 anni appena compiuti.

Nessuna preoccupazione per Carmelo Briguglio, coordinatore regionale di Fli in Sicilia, che potrebbe dover aspettare altri cinque anni per chiedere il vitalizio all’Ars. Stessa situazione per il presidente dell’Unione province italiane, Giuseppe Castiglione, che a 48 anni potrebbe ancora aspettare a lungo per la sua pensione. Il rischio di dover rinunciare, almeno per altri cinque anni, a un vitalizio che oscilla tra i 4 e i 6 mila euro al mese è sentito anche dai 17 deputati in carica. In attesa che la notizia sia ufficializzata da Camera e Senato, per i parlamentari siciliani non resta che riscendere in campo per un’altra tornata elettorale, quantomeno per una ragione puramente economica.


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