(rp) E però, alla fine di una giornata nel frullatore dell’avvincente sceneggiato a puntate dal titolo “Le primarie del centrosinistra”, uno si sente proprio come nella scena ultima di “Johnny Stecchino”. E quasi ti verrebbe voglia di chiedere, con gentilezza: scusate, si potrebbe sapere chi era il tacchino? Dove il suddetto tacchino abbandona le carni e piume del volatile per assumere la connotazione metafisica del buonsenso, di Godot che non arriva mai, del senno perduto sulla luna.
Un bel dì, le primarie finiranno e ci sarà un candidato sindaco (forse). Ma come è possibile immaginare che personaggi pubblici della stessa coalizione che fino a un minuto prima si sono accusati reciprocamente di finanziamenti strani, apparentamenti col nemico e intelligenza con le forze del male, un minuto dopo siano pronti a sostenersi contro il competitore vero, quello dell’altro lato, chiunque egli sia? Ecco, del tacchino non c’è certezza. Dei polli invece sì.
Alla sinistra oltre il tacchino mancano pure:
1. identità (anticamente erano fingecomunisti ora unnusannumancuiddichisù)
2. obiettivi e programmi comuni (il benessere di chi e perchè?)
3. leadership(sia come figure carismatiche; sia come capacità di comando eo indirizzo del gruppo)
4. condivisione di regole comuni(a matina ognunu si susi e dici e fa nzoccu voli!
5. etc. etc.
Ma soprattutto oltre a fare tante chiacchere e pochi fatti, nella quotidiana guerra fratricida, questa sinistra, non ha mai imparato a lavare i panni sporchi in famiglia.